Art Design in serie e arredo taylor made
Approccio artigianale, sapore d’arte e personalizzazione, il tutto in versione seriale: ecco l’ultima frontiera dell’arredo di qualità.
L’ossessione per il “fatto a mano” o, almeno, per il “finito a mano” caratterizza le ricerche, e, soprattutto, la comunicazione dell’ultimo periodo. Si tratta, sovente, di uno “pseudo-artigianato”. Per due motivi: il primo, evidente, consiste nell’impossibilità di approvvigionare un mercato globale con prodotti realmente e interamente “fatti a mano”. Il secondo, ben più sottile, concerne la richiesta, da parte del pubblico dei compratori, di pezzi caratterizzati da quella precisione, perfezione e uniformità che è tipica dell’industria. Insomma, bisogna ammettere che il mercato “reale” accetta difficilmente “le differenze” che i processi artigianali portano con sé. Per quanto riguarda la fabrique des savoir-faire, l’esempio sempre citato è Hermès: la maison francese della moda, nata nel 1838, attiva anche nei settori dell’art de la table e dell’arredamento, rappresenta un’ideale condiviso per accuratezza di realizzazione e recupero di antichi saperi artigianali. Il segnale, forte e chiaro, che ne deriva per l’intero comparto dell'arredo è la necessità di progettare un art de vivre e non solo dei beni di consumo. Possiamo citare, a questo proposito, diversi esempi tra cui la collezione Stac disegnata dal giovane Giacomo Moor per Desalto, ove la lamiera di ferro verniciata nero si combina con nobili essenze lignee lavorate con incastri a 45° per creare un sistema componibile in altezza che non lascia alcun margine alla casualità. Impeccabile anche il divano Gregory di Antonio Citterio per Flexform con base di metallo e cinghie elastiche di cuoio su cui appoggiare i cuscini di seduta.
Era facilmente prevedibile che l’industria del mobile, inizialmente sorpresa dal fenomeno dell’art design (ossia, il design d’autore in galleria), non si facesse sfuggire le nuove potenzialità del settore. E, così, a creare un evidente ossimoro, riscontriamo la “messa in produzione”, magari in serie limitata, di oggetti assimilabili a quelli che tanta fortuna hanno recentemente avuto nelle gallerie. Puntuale l’esempio dei preziosi vasi CAP 53, in bronzo fuso a cera persa, riprodotti in un’edizione di 100 pezzi da Agapecasa a partire dai modelli originali disegnati da Angelo Mangiarotti nel 1962.
Come dicevamo discettando di artigianato e industria, queste produzioni garantiscono, assai più di quelle artistiche, un’impeccabile realizzazione dei pezzi e una significativa durata nel tempo. Possiamo citare la vetrina Echo di Marcel Wanders studio per Fiam, con le pareti in vetro che paiono un pizzo fiammingo.
O ancora il contenitore NYNY, segnato dall’irregolarità dei volumi, pensato da Storagemilano per Gebrüder Thonet Vienna.
Analogamente, si possono interpretare i basamenti componibili in diverse forme scultoree (anche in bronzo patinato) per i tavoli Gullwing, disegnati da Gabriele e Oscar Buratti e prodotti da Lema.
Nel suo ostentato minimalismo anche la sedia Rope di Ronan e Erwan Bouroullec per Artek (gruppo Vitra), con la corda nautica che compare a sorpresa dalla struttura in tubolare d’acciaio, appartiene a questa tendenza.