Felicia Arvid e Foscarini: tra libertà progettuale e potere evocativo
Al suo debutto nel mondo della luce, la designer danese incontra l’estro creativo di Foscarini. E trasforma materiali bidimensionali in oggetti architettonici
Prosegue lo scouting fra le nuove collaborazioni individuate all’edizione del Salone del Mobile.Milano 2023.
Galeotti furono gli abiti. Quelli confezionati per sé e di cui si innamorarono alcuni buyer in visita alla casa di moda in cui era stagista. E da lì, dal mondo sartoriale, la giovane Felicia Arvid (classe 1994, pluripremiata, tra cui un Compasso d’Oro 2022 con Caimi Brevetti per il pannello acustico Klipper, presentato al SaloneSatellite), dopo aver aggiunto la laurea in architettura agli studi di fashion designer, estende la sua creatività al prodotto industriale, portandosi dietro il suo DNA originale. Nella lampada a sospensione Pli, infatti, i materiali assumono le sembianze di tessuti drappeggiati, fino a diventare strutture portanti dal marcato segno decorativo e dall’alto potere evocativo. Pli consiste in una striscia di carta plissettata – da cui il nome – lunga cm 88, o nella versione in legno di 1 m di diametro, dove le grandi e morbide pieghe accolgono, come un ago in un tessuto, la luce. Un tubo con strip LED cuce il sottile foglio per tutta la lunghezza del prodotto, unendo, così, forma, funzione e costruzione in un tutt’uno, e regalando una sorprendente semplicità. Come quella dei prodotti Foscarini, forme leggere e poetiche, essenziali e carismatiche in continuo dialogo tra concetto e forma.
Abbiamo posto tre veloci domande a Felicia Arvid e Carlo Urbinati, Presidente e fondatore di Foscarini e Presidente di Assoluce.
Felicia Arvid: La frase fa riferimento alle sedute e a come, ad esempio, una sedia possa rappresentare la persona che la usa in modo analogo a un capo di abbigliamento. Cerco di immaginare l’arredo nel momento in cui viene utilizzato ed esploro in che modo abbraccia il corpo, quello che rivela o nasconde. Insomma, come incornicia la persona che vi si siede. Il mio obiettivo è creare un dialogo visivo tra l’essere umano, l’arredo e lo spazio circostante. Per quanto riguarda la luce, mi piace pensare che una lampada vesta la stanza in cui si trova, come parte integrante dell’esperienza che si fa dello spazio.
FA: La formazione sartoriale mi permette di seguire un approccio al product design fortemente improntato al senso del tatto, e questo crea una relazione naturalmente stretta tra il tessuto e le sue proprietà costruttive. A sua volta, la mia esperienza nel cucito e nel produrre cartamodelli mi dà le competenze necessarie per costruire forme tridimensionali a partire da materiali piatti. Mi piace esplorare le proprietà di un tessuto per sfruttarle al meglio quando do forma a un nuovo progetto. All’interno del processo di design, a volte è proprio sperimentare con il materiale a far emergere risultati inaspettati.
Il mio lavoro affonda le proprie radici nella tradizione nordica, che si basa su onestà e semplicità. L’onestà in relazione ai materiali e la semplicità per quanto riguarda la costruzione e la composizione visiva. Questi principi caratterizzano il mio approccio al product design, con il quale cerco sempre di raggiungere una sintesi tra forma, materiale, costruzione e, ovviamente, funzionalità.
FA: Ho conosciuto Carlo Urbinati grazie a un amico in comune, Giorgio Caimi, e sono molto felice di come questa presentazione si sia evoluta in collaborazione lavorativa. Nel corso delle prime conversazioni con Foscarini ho scoperto che condividiamo valori simili in merito al design: un aspetto fondamentale per collaborare bene. La luce è un elemento affascinante, perché in sua assenza non ci sarebbe l’ombra e senza ombra non è possibile percepire bene le forme. Ho sempre pensato che progettare una lampada sarebbe stata una sfida intrigante. Al momento sono concentrata su Pli ma, ora che ho fatto il mio debutto nel mondo dell’illuminazione, credo che continuerò a esplorare il settore. Ci sono molti modi per cogliere e interpretare il delicato elemento della luce, alcuni ancora da scoprire.
Carlo Urbinati: In effetti, il SaloneSatellite ha avuto un ruolo indiretto nella nostra collaborazione con Felicia Arvid. È stato il nostro amico Giorgio Caimi, di Caimi Brevetti, a parlarci di lei, dopo averla notata al Satellite e mentre stavano lavorando insieme al progetto del pannello acustico Klipper, che ha poi ottenuto il prestigioso Compasso d'Oro ADI.
Ciò che ci ha affascinato di Felicia è la sua personalissima poetica progettuale, che mette al centro l’attenzione per la materia immaginata come sintesi tra funzione, struttura e forma, con l’obiettivo di un’essenzialità che non nega il decoro, anzi lo esalta. Questo ci ha stimolato a proporle di collaborare con noi per una lampada concettualmente nuova. Una sfida per lei, che non aveva mai lavorato con la luce – e sappiamo quanto progettare lampade sia molto diverso dal disegnare altri elementi d’arredo. La lampada a sospensione Pli rappresenta il suo debutto nel mondo dell'illuminazione.
CU: Foscarini è un'azienda che vive di idee, di curiosità, di voglia di sperimentarci e di sperimentare. “Fare design”, a mio avviso, significa dare un senso alle cose, il design è ciò che va oltre la funzione: se devo illuminare una stanza, posso prendere una lampadina e ottengo il risultato. Quello che facciamo noi è aggiungere significato, fascino, senso a una funzione. Questo approccio ci guida non solo nello sviluppo delle collezioni, bensì permea ogni ambito della nostra azienda. Progetti come "Inventario", "What's in a lamp?" e "Vite" seppur diversi tra loro, condividono una base comune: offrono spazio alla creatività, raccolgono ispirazione, favoriscono lo scambio di conoscenze, valorizzano la diversità e la ricchezza che da essa deriva.
Inventario, ad esempio, è un vero e proprio tesoro di idee e ispirazioni. Un progetto editoriale diverso, che abbiamo immaginato e creato con Beppe Finessi nel 2010, e che da allora promuoviamo e sosteniamo con convinzione. Io mi diverto sempre a prendere in mano anche i vecchi numeri, sfogliandoli per trovare ancora nuovi stimoli. Inventario mette in collegamento progetti, opere, oggetti, autori, invitandoci a osservare la realtà con una viva curiosità.
Il progetto VITE rappresenta invece la volontà di osservare le nostre lampade da un altro punto di vista, raccontandole “in azione”, dentro la vita reale delle persone, togliendole dal piedistallo della perfezione con cui spesso nel nostro mondo vengono rappresentati gli oggetti di design.
Anche il progetto What’s in a lamp – che caratterizza da quest’anno il nostro canale Instagram – è un modo per dare voce alla creatività e alla libertà espressiva. Diamo spazio a contenuti originali realizzati da diversi artisti visivi, a cui chiediamo di interpretare le nostre lampade, sempre alla scoperta della potenza delle idee.
CU: Non so se si possa parlare di cose che abbiamo cambiato, ma possiamo affermare che abbiamo “aggiunto” qualche visione originale al mondo della luce.
I prodotti che decidiamo di inserire nel nostro catalogo sono come una foto di famiglia che ha il compito di rappresentare il brand nella sua essenza. Per questo la scelta di una nuova lampada comporta per noi una grande responsabilità, perché diventerà un nuovo tassello che rappresenta l’immagine e il posizionamento del brand. Mi piace pensare che lavoriamo affinché si possa dire che Foscarini se non ci fosse, non ci sarebbe. Perché ci vuole una grande libertà e un certo grado di distacco dalle cose materiali per riuscire a spingere i concetti al limite e proporli al mercato, anche quando rischiano di non essere così facilmente recepiti. Ci è capitato di inserire a catalogo dei pezzi che ci interessavano dal punto di vista del design e della personalità, ma che sapevamo sin dall’inizio non avrebbero potuto avere grande riscontro da parte del mercato. E, talvolta, siamo stati sorpresi: il mercato si è dimostrato più aperto e interessato di quanto ci aspettassimo.