Il design per un futuro meno incerto, l’intervista a Anab Jain
Anab Jain è una designer e la co-founder dello studio Superflux. A giugno ha partecipato come speaker a uno dei talk del Salone del Mobile 2022. Una conversazione sul senso del design e il lavoro dello studio
Anab Jain, originaria dell’ovest dell’India e trapiantata ormai da anni a Londra, è una designer, storyteller, regista, futurista e speculative designer, cofondatrice nel 2009 di Superflux. A giugno ha partecipato alla talk Radical Nature - the design and science of worldbuilding, che Beatrice Leanza ha tenuto durante la 60esima edizione del Salone del Mobile di Milano.
Anab è la seconda anima di Superflux, studio transdisciplinare con sede a Londra che, abbracciando i temi della tecnologia, cerca di tradurre un futuro incerto in un presente desiderabile. Uno studio che si occupa di futuro proponendo esperienze che possano influenzare le scelte di oggi, con l’idea che l’avvenire non sia una certezza, ma un obiettivo che cambia continuamente in base alle decisioni prese adesso.
Oltre a portare avanti lo studio insieme a Jon Arden, Anab è docente all’Università di Arti Applicate di Vienna in un corso, Design investigations, in cui insegna agli studenti quello che per lei è il senso del design: progettare le domande giuste. Se consideriamo ad esempio la tecnologia, questa non è il fine ultimo, ma lo strumento con cui si può arrivare ad un possibile obbiettivo, ed è con questa idea che Superflux progetta prodotti, installazioni, film, esperienze che sono il vettore di una domanda che rimane poi all’osservatore.
Occupandosi di tematiche come l’accelerazione tecnologica, le scelte politiche o il cambiamento climatico, lo studio cerca di progettare con il fine di aprire un dibattito su alcune delle questioni fondamentali di oggi. Per fare ciò il team, oltre ai due fondatori Anab Jain e Jon Arden, vede la partecipazione multidisciplinare di etnografi, ricercatori, architetti, videomaker, sound designer e copywriter. L’approccio multidisciplinare, nel lavoro di Superflux diventa transdisciplinare, con la capacità di fondere le varie competenze per creare visioni e storie di un futuro possibile.
Come lavora Superflux, quale approccio progettuale utilizza e come porta avanti i suoi progetti?
“Negli ultimi 14 anni lo studio ha svolto un lavoro pionieristico, esplorando e indagando su come potrebbero essere i futuri guidati dal design e su quali tipi di approcci si possono adottare. Spesso ci viene detto che il nostro lavoro rientra nella categoria del design speculativo. Noi stessi lo chiamiamo futuro esperienziale o esperienza incarnata. È anche un lavoro di previsione critica o di progettazione critica.
Sotto tutte queste etichette si nasconde l'approccio vero e proprio, e credo che questo sia l'aspetto più importante. Abbiamo un metodo e un approccio molto ben definiti per il nostro lavoro. L'idea chiave è che crediamo davvero in una ricerca rigorosa, ma che parallelamente richiede anche di pensare attraverso la realizzazione. Per i nostri progetti passiamo molto tempo a seguire la ricerca materiale, etnografica e antropologica per esplorare l'idea della costruzione del mondo e della narrazione, fino a realizzare artefatti che potremmo definire di design speculativo, o esperienze completamente immersive che invitano le persone a entrare fisicamente in mondi futuri.”
Tra gli ultimi lavori di Superflux “The Vault of life” per il Museo del futuro di Dubai, è una grande collezione di 2400 campioni conservati in vasetti di cristallo, che presentano un futuro prossimo del 2071 in cui molte delle specie viventi avranno sofferto un danno irreparabile. L’installazione immersiva cataloga la grande diversità degli esseri viventi sul nostro pianeta e chiama all’azione il visitatore perché entri in relazione con esso e comprenda come prendersene cura.
Sullo stesso filone tematico anche il progetto “Invocation for hope”, presentato alla Biennal for Change di Vienna del 2021 ed esposta al MAK di Vienna.
Un’installazione immersiva che accompagna il visitatore attraverso un primo stadio di distruzione rappresentato da una serie di tronchi di pino incendiati ma che nel suo centro conserva un cuore di rinascita. Il visitatore, infatti, dopo aver attraversato un primo livello di distruzione, si ritrova all’interno di un bosco vivo con veri alberi e macchie di muschi e licheni. Al centro di questo bosco uno specchio di acqua circolare a cui si abbeverano digitalmente alcuni animali come bisonti, lontre e uccelli che vengono visualizzati dal visitatore sulla superficie dell’acqua.
L’installazione spinge lo spettatore a riflettere su un possibile futuro post-antropocentrico in cui l’umanità può far parte in modo simbiotico di un ecosistema dinamico e complesso. Con il suo centro di rinascita, l’installazione spinge il visitatore a pensare al proprio ruolo all’interno di questo pianeta in cui l’uomo non è più il padrone, ma solo una parte del sistema stesso.
E se il tema della crisi climatica è di particolare interesse per Superflux, lo stesso si può dire per le tematiche legate alla tecnologia. Con “Drone Aviary”, utilizzando i media del video, installazione e pubblicazioni, lo studio ha voluto investigare un prossimo futuro di coabitazione tra droni intelligenti ed esseri umani.
Presentato al V&A museum di Londra nel 2015, il progetto esponeva 5 modelli di drone - accompagnati da un video - che rappresentavano simbolicamente alcune delle tendenze e delle caratteristiche legate a questa tecnologia: un drone per il fenomeno della pubblicità pervasiva, uno per rappresentare il fenomeno del Giornalismo ad alta frequenza. Poi ancora il drone di sorveglianza, aprendo il tema sul riconoscimento facciale e il diritto alla privacy, quello direttore di traffico che può multare a sua discrezione e l’instadrone, che sostituisce il selfie stick.
Un progetto che fa riflettere su tecnologie pervasive che hanno bisogno di controllo per essere correttamente utilizzate.
Se Supeflux immagina futuri, abbiamo chiesto ad Anab qual è il futuro del design come disciplina:
“Credo che questa sia un'ottima domanda e che sia giunto il momento di reimmaginare la professione del design. In effetti, terrò un discorso per la conferenza Design for the Planet del Design Council, in cui proporrò una possibile alternativa per ripensare il ruolo del design nel nostro futuro. La chiamerò "design ausiliario", ma una volta pubblicato l'intervento del Design Council, forse c'è un modo per inquadrarla meglio. L'idea è che questo tipo di design incontri l'universo a metà strada. È un tipo di design che alimenta un'ecologia di azioni per un cambiamento positivo a lungo termine, dà voce a pratiche protettive urgenti che spesso non vengono riconosciute e fornisce un'impalcatura per immaginare collettivamente molti mondi possibili.”
E per il futuro di Superflux invece? Qualche progetto prossimo di cui puoi parlarci?
“Ci sono diverse idee e conversazioni in corso. Un progetto che abbiamo iniziato a studiare, con il sostegno del Dipartimento di Cultura del King's College di Londra, è Cascade Inquiry. Si tratta di una ricerca esperienziale in cui cerchiamo di creare uno spazio generativo per immaginare e costruire collettivamente futuri in cui siano state intraprese azioni positive per il clima.”