Joy design: una conversazione con Maria Walter Nielsen
Il segno autoriale della designer danese è una fiaba di pattern grafici e frammenti di memoria. Che insieme ci svelano la sua storia
Un circuito di relazioni cosmopolita, una passione per la stampa serigrafica e una spontanea fascinazione per le atmosfere pop: il mondo progettuale di Maria Walter Nielsen è un metaverso reale di colori e ritratti e tessuti che evoca ricordi di un’infanzia felice. Danese di origine e italiana di adozione, vive a Milano dal 2005: “ho studiato grafica in Danimarca e prima di avvicinare il mondo del fashion system”, con le collaborazioni con Replay Jeans, Armani e Arthur Arbesser, “mi sono laureata alla Bauhaus-Universität Weimar”, in Turingia, dove ha conosciuto Marco (Sammicheli). I mariti non dovrebbero mai essere argomento di dibattito nel racconto professionale delle compagne, ma il Direttore del Museo Italiano del Design è un personaggio ‘ingombrante’, e vale la pena sottolineare che il tratto autoriale di Maria fuga al primo pattern ogni dubbio sul suo talento. Fortemente radicata alla cultura di origine, l’occhio vispo e lo sguardo aperto al mondo, Maria lavora con la carta e i pastelli a olio, l’inchiostro e la lana merino, per cucire, sul corpo e nella casa, un mondo di fiabe: “di luoghi misteriosi e incantali dove grandi e piccini sono liberi di perdersi per poi ritrovarsi”. Un lavoro, il suo, che procede per flashback: attinge dal passato per immaginare un presente felice, privo di insidie.
Ce lo ha raccontato con ‘Slice of Happiness’, la prima mostra allestita in piena pandemia nel micro-spazio di Meme Gallery. “Era il 2020”, un anno dopo l’inaugurazione del suo studio, “e con una cinquantina di ritratti di fichi, broccoli e proteine varie”, il cibo che aveva accompagnato i pranzi e le cene del periodo del lockdown, “ho tappezzato la manciata di metri quadrati della galleria milanese”: più che un affondo nel food, l’allestimento era un elogio alla convivialità “e ricordo di una ritualità familiare riconquistata in un momento di grande fragilità collettiva”. Ogni disegno è il racconto di una dieta non propriamente mediterranea, ma ben bilanciata nelle calorie e nei colori: “Il pattern è ciò che è emerso affettando frutta, ortaggi e grassi saturi”, un gioco di affondi fisici e concettuali per trasformare la tavola in playground.
A quali movimenti e figure della grafica moderna e contemporanea si ispiri Maria, non è facile intuirlo. Certo, l’uso disinvolto del colore può evocare le atmosfere di Memphis, ma è Sista Corita Kent, la figura di riferimento: pittrice, grafica, religiosa e insegnante americana degli anni Sessanta, ha fatto delle serigrafie un medium di propaganda a sostegno dei diritti civili, del movimento femminista e contro la guerra del Vietnam. Dall’attivismo alla pedagogia: “‘Nel paese dei mostri selvaggi’ di Maurice Sendak (Harper&Row, 1963) è la mia terza fonte di ispirazione”, amatissimo non solo dai bambini, il libro è un classico della letteratura americana. “La collezione di carte da parati Scov (foresta in italiano) per Fabscarte nasce da quella lettura: mi piaceva l’idea di portare un bosco all’interno della stanza. Così insieme al laboratorio milanese abbiamo lavorato con tecniche antiche carte e colori per portare gioco e gioia. E mettere mano ai miei ricordi”.
Perché Maria è cresciuta in una comune di un quartiere a nord di Copenhagen, a metà strada tra un bosco e il mare, dove ha trascorso anni felici. “Chiunque faceva cose per tutti: si cucinava, si cuciva, si costruiva per la comunità. E questo ‘fare con le mani’ è rimasto nel mio dna creativo”, una manualità che è maturata con il tempo per prendersi la scena al momento giusto. “Pluri, la mostra inaugurata da Riviera Creative Space sul finire de 2023 è la sintesi di tutte le riflessioni fin qui condivise: il ricordo e la manualità, il colore e l’allegria, la comunità e le contaminazioni”, valori di un progetto maturo e rotondo.
Come Pluri: “Pluri da ‘pluriball’, materiale (in polietilene e aria) usato per gli imballaggi, che dal latino traduce ‘vari’ e ‘tanti’ modi di guardare e interpretare un oggetto, un luogo, una situazione”. Pluri sono i tanti modi con i quali si possono raccontare le storie: Pluri è una fantasia grafica per arazzi e plaid (tessuti da Lanificio Leo), ma anche soggetto di insolite ‘nature morte’; Pluri è l’imbottitura tecnica di sedute-palla, ma anche strumento musicale improprio. Pluri è l’irrefrenabile automatismo delle dita che scoppiano l’aria trattenuta nelle bolle: “Click, pof, sfush sono solo alcune delle parole che ho scelto per visualizzare il rumore dello scoppio”, chiude la designer, “ognuno di noi sente in modo diverso”. Perché anche il suono, come la luce, come i profumi, come il tocco della mano che accarezza una superficie, ha sfumature diverse: tanto più diversamente viene percepito, tanto più diversamente viene restituito. Anche per Maria Walter Nielsen progettare è soprattutto una questione di ascolto.