Maria Porro in conversazione con Yoko Choy
La presidente di Assarredo, parla della nuova piattaforma digitale del Salone del Mobile.Milano e dell’imminente “supersalone”. Porro spiega come può contribuire allo sviluppo del settore e come la diversità e l’inclusività nel design possano condurre a un futuro migliore.
I brand presentati al Salone del Mobile sono la colonna portante del successo della fiera. In qualità di presidente di Assarredo – l’Associazione nazionale delle industrie produttrici di mobili, imbottiti, cucine, sistemi per dormire, complementi d’arredo e arredamenti commerciali –, ho il compito di comunicare al Salone le aspettative dei brand e del settore. E per la nuova piattaforma digitale, una delle cose molto intelligenti che ha fatto il Salone è stato lavorare insieme a tutto il settore per definire le linee guida della piattaforma. Questo approccio molto aperto è stato davvero interessante.
Il Salone è una fiera in presenza che dura una settimana. L’idea è di spalmare ed estendere ciò che avviene durante lo svolgimento del Salone nei 365 giorni dell’anno, per poter collegare i fruitori nello stesso modo in cui si fa al Salone. Quindi, la piattaforma digitale del Salone diventa il luogo in cui si può incontrare la comunità per tutto il resto dell’anno. Per i brand, è un modo per raccontare le loro storie digitalmente, così da non essere solo una piattaforma ma piuttosto un nuovo mezzo di comunicazione.
È vero. Nell’ultimo anno siamo stati costretti a incontrarci in digitale. Abbiamo imparato come comportarci davanti a uno schermo e questo è un elemento positivo. Inoltre, il design ha una dimensione internazionale e il fatto che si possa avere un dialogo costante e scambiarsi le idee, nonostante la distanza, ha fatto sì che la comunità del design fosse più collegata.
È vero, perché arredamento vuol dire anche spazio. Il contatto fisico con gli oggetti è ancora molto importante e ancora qualcosa che non si può sostituire. La qualità stessa è qualcosa che occorre sperimentare di persona per poterla comprendere. Ma quando si è creato il pezzo fisico, avere poi la possibilità di continuare a comunicare in modo digitale, approfondire la storia del brand o di un prodotto diventa essenziale. Quindi il giusto mix, un approccio “figitale” è molto importante. Il Salone ha delle fondamenta solide – se vogliamo adottare una metafora in tema architettonico – e su queste possiamo costruire una nuova connessione con il mondo attraverso questa piattaforma digitale.
Sicuramente è cambiato. La casa sta diventando sempre più importante; guardiamo gli spazi con occhi nuovi. Vedo che le persone investono di più e cercano il “giusto” arredamento con la “giusta” qualità per i loro ambienti. Adesso, l’arredamento ha un ruolo molto importante nel ridefinire gli spazi pubblici. La gente desidera trovare la stessa atmosfera, la stessa tranquillità che ha a casa. È di cruciale importanza far sentire le persone nuovamente libere di stare insieme negli spazi pubblici come gli aeroporti, i ristoranti, gli alberghi, le piazze e gli uffici. In qualità di designer e produttori, penso che abbiamo un ruolo molto importante nel realizzare questi cambiamenti nel modo giusto. Non si tratta di costruire solo pareti di vetro fra le persone; questo è un approccio errato. Dobbiamo trovare nuove strade e tocca a noi farlo.
Penso che abbiano reagito velocemente. Penso che il settore del design sia stato molto coraggioso in quest’ultimo anno. Ho visto molti brand – non solo italiani – che si stanno impegnando molto nel trovare la modalità giusta per comunicare. Oltre al modo giusto per cambiare se stessi in un senso più sostenibile – che è uno dei grandi mutamenti del nostro settore – si sono davvero messi in ascolto di ciò che richiede il mercato e la gente. Stiamo accelerando anche nella rivoluzione digitale. Stiamo riprogettando le case, il nostro modo di vivere insieme e stiamo rivedendo i processi produttivi e i vari modi per comunicare. È un aspetto positivo dover farci carico di questa sfida e responsabilità.
Pensa alla catena di produzione, l’idea che tutto è collegato. Se si parla di sostenibilità, non si può essere sostenibili nell’ultima parte della produzione, si deve iniziare dal principio – da quale albero si taglia, il motivo per cui si usa il legno piuttosto che il metallo, ecc. In questo senso, siamo un sistema, siamo una catena, e siamo tutti collegati. Se vogliamo ottenere dei miglioramenti, dobbiamo lavorare insieme dall’inizio alla fine: dal modo in cui si progetta qualcosa fino al modo in cui si estraggono le materie prime, fino al consumo energetico, ecc... E sappiamo che dipendiamo ognuno dall’altro in questo sistema. Benché Assarredo sia un’Associazione italiana, c’è la stessa configurazione in Europa chiamata Efic-Confederazione europea delle industrie del mobile. Ci sono imprenditori e imprenditori che stanno riscoprendo l’importanza di essere uniti. Naturalmente siamo dei concorrenti sul mercato – la buona competizione fa parte del progresso, si vuole sempre avere nuove idee ed essere avanti – ma, allo stesso tempo, è essenziale stare insieme nell’ambito di temi importanti e mettere in atto politiche comuni, non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo ed essere impegnati sulla base degli stessi valori.
È qualcosa che ho sempre cercato di fare nella mia vita. Credo nel lavoro di squadra – su certe problematiche occorre fare lavoro di squadra – ma su altre occorre lavorare da soli. Quindi, certamente vorrei rafforzare questo approccio in Assarredo. E se si vuole sopravvivere occorre cambiare. Ci si dovrebbe sempre ricordare delle proprie radici, conoscere i propri punti di forza e rimanere collegati alla propria comunità locale, ma contemporaneamente occorre davvero guardare oltre l’orizzonte. Vedo che molti imprenditori, non solo della nuova generazione, ma anche quelli più consolidati, sentono che è arrivato il momento giusto per cambiare. E, poi, anche la pandemia ci sta costringendo a farlo.
Il Made in Italy è un’industria creativa, ma anche manifatturiera. Esiste un collegamento molto stretto fra il processo creativo e il processo produttivo; i grandi architetti e designer si incontrano con gli artigiani; questo è il punto di forza del design italiano che attrae anche designer da tutto il mondo perché ritengono possibile imparare qui e sperimentare con le competenze manuali, così come con le tecnologie industriali più moderne.
Ad Assarredo, e anche presso la Porro, stiamo lavorando molto sulla sostenibilità. Ma diversità, inclusività, uguaglianza e innovazione sono altri ingredienti molto importanti per un settore che vuole essere più rilevante economicamente e più duraturo. Il design è internazionale ed è la storia di diverse culture che si mescolano – le sedie tradizionali cinesi sono servite da ispirazione per molti design dei paesi nordici; gli articoli in legno americani hanno ispirato l’estetica “minimal” italiana; e le tecniche di intreccio africane e asiatiche stanno ispirando le collezioni per esterno dei più importanti brand europei. Penso che i designer abbiano sempre guardato a differenti culture e ai diversi stili di vita, e di fatto siamo una comunità internazionale. Questo vuol dire già essere inclusivi e considerare la diversità come un valore. Il design è il modo in cui si vive, il modo in cui ci si siede a tavola, il modo in cui si condivide il cibo. E per questo, i creativi devono essere inclusivi.
Assolutamente vero. Per noi è la settimana più difficile dell’anno, ma è bellissima. Il Salone non è solo per i grandi brand o i grandi architetti, ma è per tutti; ha creato una comunità internazionale aperta e fluida, che è magica.
Questo è un ottimo punto [ride]. Penso che, poiché è stato cancellato l’anno scorso, volevamo semplicemente dire di nuovo, ‘Eccoci qui’. Vogliamo riaffermare che tutto continua e che non vediamo l’ora di rivederci tutti insieme nuovamente in questa settimana dopo così tanto tempo. “supersalone” sarà un’edizione speciale con un formato diverso. È importante non perdere un altro anno visto che nell’aprile 2022 ricorre il 60° anniversario della Manifestazione, quindi è una preparazione per la grande celebrazione. Non prevediamo che la città sia affollata come prima. Ma non si tratta di quantità. Parliamo della qualità del ritrovarci insieme là e vedere ciò che l’industria del design creativo ha realizzato negli ultimi 18 mesi. Condividere le aspettative per il nostro nuovo futuro e la nuova normalità.
Non mi piace la parola “leader” in realtà. Penso che si tratti di una reazione chimica, quando si mescolano gli ingredienti si ha bisogno di un catalizzatore per farli funzionare. Mi sento di essere questo più che altro, Milano è, il Salone è quell’elemento catalizzatore. Ritengo che siamo davvero una comunità di diverse voci e il Salone funge come il direttore d’orchestra, che riesce a ottenere una musica meravigliosa dai vari tipi di strumenti con un semplice gesto elegante.
Non sono sola, e questa è la buona notizia. Non credo che il settore abbia bisogno di un simbolo. Ci sono molte donne di talento – designer, architette, giornaliste. Dobbiamo semplicemente avere un nuovo punto di vista o spostare la macchina da presa un pochino per mostrare questa diversità. Sono cresciuta in questo settore; la mia famiglia ha partecipato al Salone sin dal principio (la prima edizione è stata nel 1961). Penso che la comunità del design abbia sempre un ruolo da svolgere e ora stiamo davvero scoprendo i nostri doveri in questo momento di cambiamenti davvero importanti. È un grande onore per me prendere parte in tutto ciò.