Marva Griffin in conversazione con Cristián Mohaded
Marva Griffin, fondatrice e curatrice del SaloneSatellite e direttrice dell’Ufficio stampa internazionale del Salone del Mobile, dialoga con il designer e artista Cristián Mohaded sul suo rapporto con l’arte, il design e l’artigianato.
Di origine sudamericana entrambi, Marva Griffin venezuelana e Cristián Mohaded argentino, Marva ha scoperto le opere di Cristián in occasione dell’edizione 2018 del SaloneSatellite e da allora ha seguito il suo lavoro.
Cristián Mohaded è un designer e un artista che esplora con il suo lavoro il legame fra artigianato e design. Disegnatore prolifico, Mohaded inizia il suo processo lavorativo realizzando degli schizzi, fino a vedere come i concetti e le idee evolvono e prendono forma su carta. Collabora, quindi, da vicino con gli artigiani che sviluppano le sue idee e la sua maestria grafica in arte e design. Per la Fuga Collection, è stata cc-tapis a tradurre e trasformare la sua visione in una collezione di 3 tappeti fatti a mano: Scena 1, Scena 2 e Scena 3.
Marva Griffin approfondisce la sua carriera, il suo processo di lavoro e le sue idee:
Salve Cristián: Vorrei che questa non fosse un’intervista ma piuttosto una chiacchierata fra di noi per scoprire qualcosa su di te e sulla tua carriera nel mondo dell’arte e del design. Se sei nella tua amata Argentina, spero che tu stia bene e che tu sia con la tua famiglia, nonostante la situazione che tutti stanno attraversando attualmente nel mondo.
In quale bel posto dell’Argentina sei nato? Dove hai studiato Arte e Design?
Sono nato a Recreo, che è una città nell’estremo sud-est della provincia di Catamarca, in Argentina. Quando ho finito la scuola superiore, mi sono trasferito nella città di Cordoba per studiare Design Industriale all’Università Nazionale di Cordoba. Fin da molto giovane, sono stato attratto dal disegno e dalla pittura e da tutto ciò che era collegato con l’arte e la scultura, quindi nel mio tempo libero esploravo la mia creatività in quel campo. Non sono mai stato in grado di portare a termine un percorso di laurea in arte o disegno, ma in qualche modo la mia motivazione e curiosità erano latenti in questo senso.
Oggi mi considero una specie di nomade. Viaggio molto per lavoro, trascorro settimane o mesi in varie città del mondo, che sia Barcellona, Milano o Buenos Aires. Mi piace davvero la possibilità che ho di incontrare sempre gente e vedere nuovi posti grazie al mio lavoro. Si tratta di città che mi attraggono molto per la loro diversità, la loro architettura, la loro energia e gli stili di vita.
È senza dubbio una delle città più creative e fantastiche che abbia mai visitato, oltre a essere la capitale del design, e dal 2005, la prima volta che ho visto questa città, non ho mai smesso di ritornarci. Ho dei cari amici che mi hanno aiutato a conoscere la città e a farmi sentire parte di essa. Tutte le volte che arrivo a Milano, la prima cosa che dico è: “Ti voglio bene Milano”.
La mia professione è quella di designer, ma i miei interessi sono sempre stati di tipo artistico. Oggi i contorni fra i due aspetti sono un po’ sfuocati. Penso di avere una buona mano per i linguaggi creativi ibridi che si incrociano e si mescolano. Sono un artista con le idee di un designer e un artista con gli strumenti di un designer.
Il design ha diversi percorsi di lavoro, che sono più pragmatici e rispondono alle richieste dei clienti con cui lavoro. Mi piace offrire delle soluzioni creative, ma contemporaneamente anche razionali. Lavoro con clienti in Argentina, Stati Uniti ed Europa, e ciò mi permette di avere una grande versatilità nel mio lavoro e nel mio approccio al design.
Ma quando ho a disposizione uno spazio artistico dove posso giocare ed esplorare altre risorse e altri strumenti che ho coltivato nella mia carriera, mi concedo una maggiore spontaneità e intuitività.
Proprio 10 anni fa ho iniziato a fare ricerche sul legame fra design e artigianato nel mio paese, in quanto il design è lo strumento che può portare un cambiamento significativo nel campo dell’artigianato.
Dal mio punto di vista di designer, sento che dobbiamo trovare il modo per creare dei ponti fra l’artigianato, il know-how e il design, che dovrebbero contribuire a rafforzarci come società, a maturare e a crescere. E penso che ciò sia dovuto a una visione errata e negativa di tale disciplina, che è carica di idee sbagliate su ciò che definiamo e intendiamo come design. Non comprendiamo il valore che il design può avere per una società e un’economia. Sto lavorando su molti progetti che mettono insieme questi concetti, con più di 20 artigiani provenienti da diversi luoghi dell’Argentina, e da diverse realtà. È molto stimolante per me; sento che in qualche maniera posso costruire questi punti di raccordo, che diventeranno sicuramente più forti col tempo.
Sì, è la mia prima collaborazione con questo brand, e così come tu dici, FUGA rappresenta l’energia che si espande nel tessuto attraverso ogni suo nodo, quasi come il sangue che scorre nei nostri corpi.
Ho lavorato letteralmente su centinaia di disegni, sperimentando diverse idee per poi definirne il concetto; tutta l’evoluzione è avvenuta su carta.
Una linea sulla carta può esprimere molto di più di quello che pensiamo. L’azione del disegnare è un momento e un tempo unico fra la mente e le mani, è un modo per esprimerci che può definire noi stessi, oltre a permetterci di trovare noi stessi. Dei semplici segni delicati sono diventati una mera conseguenza della massa in movimento che stavo trasferendo su carta. Ero curioso riguardo al movimento, al flusso, all’energia dinamica che può essere creata quando i confini diventano sfocati, o piuttosto quando si spezzano i confini. La fuga non ha limiti, interrompe la forma. Una collezione che gioca sul suo potere di attrazione e crea un collegamento con lo spazio e la gente che vi è intorno.
Sostenibilità, per definizione, si riferisce all’abilità di rispondere alle esigenze attuali senza compromettere le possibilità delle future generazioni. Su questa base, il design ha il dovere di rispondere a questi nuovi scenari, il design è la risposta ai problemi; è una disciplina che ha degli strumenti particolarmente importanti da offrire alla scienza, all’istruzione, alla politica, alla sanità e ad altre aree in cui la società si aspetta delle risposte per migliorare la qualità di vita. Ritengo che il nostro futuro sia legato a ciò che proponiamo e realizziamo come designer. Dobbiamo essere rispettosi nelle azioni che compiamo.
In ogni caso, credo che oggi la società nel suo complesso abbia il dovere e la responsabilità di ripensare gli schemi e i modelli di consumo. L’industrializzazione sfrenata e il cattivo uso delle nostre risorse lo dimostra. Una grande parte della società si sta rendendo conto di ciò che consumiamo, ciò che mangiamo, ciò che usiamo, da dove proviene tutto ciò, come è fatto, che materiali sono utilizzati, da dove si ricavano e dove vanno a finire questi prodotti.
Il design ha un ruolo particolarmente importante da svolgere in questi nuovi scenari e dobbiamo stare molto attenti nel fornire delle soluzioni sostenibili oggi e per il futuro delle nuove generazioni; non possiamo continuare a mettere a repentaglio il nostro pianeta, è l’unica casa che abbiamo.
NINHO (Nido in portoghese) è uno dei molti progetti di ricerca che ho realizzato, che si riferiscono ai materiali e alla loro applicazione nel mondo del design. È un bel progetto che si concentra sul riutilizzo dei rifiuti delle produzioni industriali.
Nel 2014, la sedia TWIST #2 che abbiamo progettato insieme a Ricardo Blanco, un rappresentante e un maestro del design argentino, e che dopo essere stata presentata alla Galleria Bensimon di Parigi e allo stesso tempo al MALBA, è entrata a far parte della prestigiosa collezione permanente del Musée des Arts Décoratifs di Parigi.
E recentemente, nel 2019, dopo aver presentato ENTREVERO, un progetto indipendente che cerca di mettere in luce il legame fra il design e l’artigianato, il Philadelphia Museum of Art negli Stati Uniti d’America, ha acquistato 3 dei miei pezzi per inserirli nella collezione permanente di design del museo.
Sì, e sono molto contento di questo progetto, che sarà presentato a Londra, un bellissimo progetto che porta il nome di “Monte Abierto” (Foresta aperta) con la curatrice Franca Lopez Barbera, e che rappresenterà il mio paese alla Biennale.
Diversi studi di design in Argentina sono stati invitati a partecipare e un comitato selettivo composto da funzionari della Direzione degli Affari Culturali del Ministero degli Esteri Argentino e altri organismi istituzionali hanno selezionato il mio progetto per partecipare a questa Biennale.
L’installazione fa parte della ricerca sui materiali realizzata nel 2013, che cerca di rivalorizzare la tecnica di realizzazione di cesti con una fibra vegetale nota come ‘simbol’, ed espone questo incontro e dialogo fra Lorenzo, un artigiano con cui lavoro da circa un decennio, e il mio lavoro come designer.
Oltre a vari progetti con aziende nazionali e internazionali per lo sviluppo di arredamento e illuminazione, questo settembre, dopo quasi 15 anni di professione come designer, terrò la mia prima mostra personale al Museo Nazionale di Arti Decorative, dove si esplora ancora una volta questo luogo d’incontro fra design e artigianato, fra materiali e processi, industria e tecnologia.
Cerca di generare uno sguardo più federale sul design argentino, dove i limiti e le aree geografiche svaniscono per mostrare che il design può e dovrebbe essere collaborativo, dove l’unità non ha valore, ma è nell’insieme che si trovano i punti di forza. Ho deciso di creare un’atmosfera ibrida con le mie risorse e i miei strumenti in qualità di designer e con la mia osservazione in qualità di artista.
Cristián, grazie molte per le tue risposte, ora i lettori e io sappiamo molto di più su di te e sulla tua carriera piena di successi. Ti auguriamo un successo ancora maggiore per i tuoi impegni futuri.
Con affetto
Marva
Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta sul sito di cc-tapis, in occasione del lancio della collezione Fuga di Cristián Mohaded [N.d.R.]