Michael Anastassiades: “Sono attirato dalla luce, per natura.”
Il designer e fondatore dell’omonimo brand si racconta, dall’impatto della luce nella sua vita di tutti i giorni al senso della bellezza di un oggetto. In conversazione con Michael Anastassiades
Sono attirato dalla luce, per natura. Ho esplorato le mie prime idee per la produzione industriale nel 2007, quando ho deciso di creare il marchio che porta il mio nome, concentrandomi sull’illuminazione. Nel 2011 ho iniziato a collaborare con Flos e negli anni successivi ho intrapreso un percorso prolifico, sviluppando per entrambi i brand le mie idee per il medium luce. Il marchio Michael Anastassiades rimane tuttora la piattaforma che mi permette libertà di espressione senza compromessi.
Non conosco essere vivente al mondo che non sia attratto dalla luce e dalle sue infinite manifestazioni in natura. Se nel mio lavoro sarò riuscito a creare un riferimento poetico a uno di quei fenomeni, mi potrò ritenere fortunato.
Sono sempre la stessa persona che ero quando ho progettato quegli oggetti. La luce “asociale” e la Message Cup esploravano la relazione psicologica tra l’utente e l’oggetto: continuo a interessarmi alla complessità di questo legame, anche se ora comunico in modo più sottile.
Ho sempre considerato la mia casa come un laboratorio dove esplorare le idee che mi vengono. Costruendola mi resi conto che molte cose che cercavo non esistevano, così decisi di iniziare a produrle io. Sì, questo è stato l’inizio del brand Michael Anastassiades.
Sempre! Ogni marchio opera su diversi livelli di complessità creati da molteplici punti di vista. È bello ascoltare i punti di vista degli altri, ma poi io seguo sempre il mio istinto.
Sono attratto dall’estetica minimalista perché è capace di trasmettere un’idea con la massima potenza, e può creare oggetti davvero senza tempo. Ho sempre ammirato le forme più semplici.
Le qualità umane possono esistere anche all’interno di “geometrie spoglie”. Le considero momenti delicati di fragilità ed equilibrio.
Tutto ciò che ci circonda può essere portatore di bellezza. Si tratta di mettere a punto diversi elementi, presentati in un determinato contesto.
Prediligo l’utilizzo onesto di materiali che comunicano bene quello che sono. I legni e i metalli sono capaci di invecchiare in modo meraviglioso nel tempo.
La sfida è sempre trovare il modo più poetico di comunicare la luce. Le tecnologie nel settore illuminazione cambiano in continuazione, e la vera difficoltà sta nell’evitare la nostalgia. Bisogna invece arricchire le proprie conoscenze per trovare nuovi modi di mantenere intatta la poesia.
Dal momento in cui si decide di restituire un certo livello di creatività all’utente, bisogna essere preparati alle sorprese e ad accogliere una qualche imprevedibilità: il risultato finale può essere molto diverso da quello che avremmo immaginato o voluto. Ma le luci String erano basate proprio sul concetto di ridare libertà alle persone.
È stato un progetto bellissimo, anche se di breve durata. Lavorare con Isay è stata un’esperienza straordinaria, anche perché mi ha dato assoluta libertà sul design. Il risultato ci ha permesso di creare anche un prodotto industriale: non accade molto spesso.
Sono entusiasta di tornare a Euroluce, finalmente dopo l’ultima edizione del 2019. Sto lanciando quattro nuovi concept sotto il mio marchio, rivoluzionando i metodi di produzione che abbiamo seguito in passato, pur mantenendo la stessa filosofia.