Nuovi materiali, il design che viene dal mare
Piastrelle prodotte con scaglie di pesce e conchiglie. Packaging, tessuti e persino mobili a base di alghe. Il biomateriale che prende forma dal mare ha un impatto ambientale virtuoso e apre una nuova vocazione per rivitalizzare le economie locali
Considerare una risorsa ciò che prima era un solo rifiuto. A questa consapevolezza ci stiamo abituando giorno dopo giorno, grazie alla diffusione dei principi dell’economia circolare. In alcune filiere, l’impiego di scarti o materiale di recupero è oramai un dato acquisito: pensiamo all’industria della moda, dove la rigenerazione di tessuti a partire da capi usati si fa sempre più frequente. In altri ambiti, però, facciamo fatica a immaginare che questa trasformazione possa davvero prendere piede. Accade quando pensiamo all’ecosistema marino, al quale ci avviciniamo troppo spesso con un’attitudine predatoria e “usa e getta”, senza pensare – a differenza della terra ferma – che le sue risorse possano essere rimesse in circolo. Eppure, tante realtà di ricerca e produttive hanno già concepito e testato l’utilizzo di scarti o di elementi di cui il mare dispone in abbondanza. Dando vita ad una serie di prodotti sorprendenti, che rilanciano e diversificano le economie produttive della costa e che si apprestano a fare breccia nei nostri spazi abitati.
Dai Paesi Baschi francesi, Scale si è data la missione di concepire un materiale “ocean friendly”, biodegradabile e riciclabile, ricavato da risorse rinnovabili di origine marina. Il loro prodotto di punta si chiama SCALITE® ed è un pannello di materiale composito ricavato da scaglie di pesce. Caratterizzato dalla stessa compattezza, almeno alla vista, di un qualsiasi rivestimento ceramico, ha il vantaggio di non dipendere da un processo di produzione energivoro e di non rilasciare sostanze organiche volatili potenzialmente nocive. Attiva dal 2018, Scale ha cominciato la messa in produzione a partire dal 2022, e si prefigge di ridare vita nel 2023 a 23 tonnellate di scaglie, tutte provenienti da filiere produttive di pesca durabile o di acquacultura.
Non troppo dissimile l’approccio di Ostrea, altra piccola azienda francese ubicata in Bretagna, specializzata nella produzione di rivestimenti per l’edilizia a partire da gusci di ostriche e conchiglie. Molto simili ad una qualsiasi graniglia con finitura terrazzo, le loro piastrelle brillano: è l’effetto della madreperla contenuta conchiglie riciclate, che le compongono al 65% insieme a una matrice minerale senza l’aggiunta di elementi derivati dal petrolio. I fondatori, un gruppo di quattro allevatori di ostriche, hanno lanciato questa attività parallela dopo aver preso coscienza dell’impatto ambientale del settore: per la sola Francia, sono 250.000 le tonnellate di ostriche e conchiglie che ogni anno si avviano verso l’inceneritore, generando un costo economico ed ecologico significativo per tutta la collettività. Se recuperate, potrebbero invece contribuire a differenziare le attività produttive della costa, rendendo più attrattive le opportunità lavorative di territori ancora fortemente ancorati alla pesca e al turismo.
Anche in Italia, un’azienda di punta ha lavorato sugli stessi presupposti per produrre superfici continue per pavimenti e rivestimenti. Premiata con il Premio per l’Innovazione ADI Design Index 2022, Oltremateria® ha messo a punto con il suo A Mare una superficie in resina composta per il 60% di conchiglie marine provenienti dal mondo del riciclo certificato. Mescolata insieme a polimeri di nuova generazione derivati dall’olio di girasole, questa malta si distingue per la bassa impronta carbonica e, ancora una volta, per il basso fabbisogno energetico a livello produttivo. Un vantaggio non da poco, soprattutto in una congiuntura che ha messo a dura prova le aziende del comparto ceramico proprio per l’impatto dei costi energetici sul consumatore finale.
Non sempre, però, le innovazioni del design che viene dal mare hanno ancora raggiunto uno stadio di pieno sviluppo industriale. Il potenziale è però noto e c’è chi studia e progetta affinché i benefici possano raggiungere una scala seriale. Dal suo studio di Parigi, il designer bretone Samuel Tomatis ha fatto della ricerca sulle alghe il fulcro della sua attività. Obiettivo: sfruttare questo materiale dalle molteplici applicazioni per contribuire ad una produzione sostenibile nel campo della moda, dell’arredamento, dei rivestimenti edilizi, dello sviluppo di packaging biodegradabile. Con l’approccio infaticabile di un novello demiurgo, Tomatis ha incluso una finestra ampissima di prodotti e supporti nella sua ricerca: dai mattoni ai tavoli, all’ecopelle, ai tessuti e alle bioplastiche, nelle sue mani le alghe si impongono per la duttilità con cui possono rimpiazzare materiali e processi più energivori ed impattanti. Moltissimi premi internazionali hanno già valorizzato il suo talento visionario – capace non soltanto di plasmare una nuova materia, ma anche di alimentare una ricerca estetica che ha molto da dire sul modo in cui i biomateriali influenzeranno i nostri ambienti domestici di domani.
Guidare la transizione verso i biomateriali è il focus del lavoro di Natural Material Studio, fondato a Copenhagen da Bonnie Hvillum e specializzato nel design circolare. Tra i vari biomateriali di loro creazione, Alger è un tessuto a base di estratto di alghe e ammorbidente che può assumere diverse finiture a seconda dei prodotti naturali usati per la sua tintura, come l'alga Spirulina, gusci di granchio reale, alghe carragenine ed estrazioni blu sempre ricavati da alghe. All’ultima 3 Days of Design di Copenhagen, Alger è stata oggetto di un'installazione concepita con il marchio di arredi e complementi Frama. Un modo per avvicinare il pubblico, a partire dagli stessi addetti del design, alle modalità con cui questi tessuti possono essere integrati nel nostro spazio domestico, contribuendo a cambiare il nostro quotidiano e i processi produttivi attraverso i quali questo prende vita.