Una vetrina per l’“azienda Italia”. Intervista a Piero Lissoni

RITRATTO DI PIERO LISSONI

Piero Lissoni - Ph. Veronica Gaido

A poco più di un mese dall’apertura di “Red in Progress. Salone del Mobile.Milano meets Riyadh”, l’evento di Salone del Mobile.Milano in Arabia Saudita, il celebre architetto e designer ci ha spiegato come sarà la Business Lounge che ha progettato per l’occasione e quali storie di design italiano verranno raccontate al suo interno

Equilibrio, cura per il dettaglio e delle proporzioni, capacità di abbracciare l’errore e, anzi, di trasformarlo in una tappa legittima della progettazione: sono caratteristiche ricorrenti nei quarant’anni di lavoro di Piero Lissoni (Seregno, 1956) come architetto e designer, ma potrebbero essere usate tranquillamente per descrivere il design italiano nel suo complesso.  

A lui, che è una delle “matite” italiane più riconoscibili nel mondo, in qualità di direttore creativo di importanti marchi dell’arredo o di responsabile di uno studio di architettura basato a Milano e New York e attivo in molti ambiti diversi, dall’interior agli allestimenti e alla grafica, è stato chiesto di disegnare la Business Lounge di Red in Progress. Salone del Mobile. Milano meets Riyadh, l’evento in programma dal 26 al 28 novembre nel Financial District della capitale saudita.  

Un luogo pensato per accogliere, nel modo più concreto possibile, l’incontro tra le aziende del sistema design italiano e le tante energie già in movimento nel Paese, oggi sotto i riflettori per la rapidità con la quale sta ridisegnando il proprio territorio e per la quantità di progetti avveniristici in corso.

Ci racconta che cosa vedremo nella lounge che ha progettato? Durante la conferenza stampa di presentazione di “Red in progress” ha detto che l’idea di partenza era di costruire delle isole.

Siamo partiti da uno spazio particolare, che era nato per ospitare una serie di marchi legati all’edilizia e poi ha cambiato destinazione varie volte. Abbiamo cercato di disegnare dei luoghi nei quali non venisse fuori una semplice esibizione di mobili ma le persone avessero modo di lavorare. Il progetto nasce così, con una visione molto olistica di quello che dovremo presentare come “azienda Italia” ma anche con l’esigenza di permettere ad aziende e clienti di avere delle conversazioni private. In inglese si chiama business, io preferisco chiamarlo lavoro.

Come si traduce questa idea in termini spaziali?

Ci saranno una serie di sale differenti, delle unità costruite come se fossero dei grandi cilindri sospesi o appoggiati a terra. Alcune proporranno delle immagini, altre saranno illuminate o conterranno semplicemente dei mobili. Al loro interno verranno raccontate delle storie: sulle fabbriche, sui cataloghi, sulla ricerca, sulle iniziative in giro per il mondo. C’è tantissimo da mostrare sul Salone ma anche sulle aziende che sono le sue interpreti. 

Quali materiali sono stati utilizzati?

Un po’ di tutto. Alcuni cilindri saranno fatti con un materiale che permette di far passare la luce, un po’ come se fossero delle grandi lampade. Poi, ci saranno cilindri rigidi, con superfici dure e materiali di tappezzeria, e altri più morbidi. 

Avete in qualche modo cercato una sintesi tra l’italianità che volevate mostrare, e direi anche incarnare, e la cultura locale?

No, quello che ci premeva maggiormente era far vedere la qualità del design italiano senza interferenze, mostrare quanto brava, potente ed elegante fosse l’industria italiana e la capacità delle aziende di aprire collaborazioni con l’Arabia Saudita che in questo momento è uno dei paesi più interessanti. Poi, quando i progetti partiranno e si costruiranno gli edifici interverrà senz’altro anche la cultura locale. 

Lei è un sostenitore dell’imperfezione, e dell’errore come tappa legittima del progetto. Quali sono state, se ci sono state, le difficoltà in questa avventura?

Non ci sono state vere difficoltà, si è trattato di un progetto complesso ma di dimensioni contenute e assolutamente gestibile. Semmai possiamo parlare del fatto che l’Arabia Saudita è sì una delle nuove terre di sviluppo della scala architettonica, ma è anche un luogo dove tutto cambia in continuazione e dove bisogna essere pronti a rivedere e modificare i progetti a seconda della possibilità oppure no di costruire determinate cose in loco. 

A Riad e dintorni, dicevamo, c’è un grande fermento architettonico. Voi, come studio, avete altri progetti in corso nel paese?

Ne abbiamo cinque o sei, disseminati tra la capitale e le isole. Ci sono alberghi, case e ville private, un paio di edifici misti con residenze e uffici. Purtroppo però non posso dire di più. 

E in generale? Avrete senz’altro moltissima carne al fuoco in tutto il mondo, c’è qualche progetto che la appassiona particolarmente?

Ce n’è uno molto difficile che stiamo seguendo in Cina, tra Shanghai e Canton, per quella che secondo me sarà una nuova generazione di mall. In India, invece, stiamo finendo un progetto assai complicato vicino a Mumbai e il nuovo Ritz-Carlton in città, con una torre residenziale e una per alberghi.

Guarda la web-serie: Behind the Doors - Piero Lissoni

23 ottobre 2025
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