“Prima la funzione, poi l’estetica”, parola di Francesco Favaretto
Padovano di nascita, laurea in Disegno Industriale allo IUAV di Venezia e una carriera cominciata nel 2009 a fianco del padre Paolo: il raggio d’azione di Francesco Favaretto, oggi direttore creativo dello studio Favaretto & Partners, spazia dal product design alla consulenza. “Siamo a 360 gradi”.
Sono figlio di Paolo Favaretto, che nel 1973 ha fondato lo studio di cui sono entrato a far parte nel 2009. Dal 2016 lo guido, continuando a fare disegno industriale, inteso come produzione in serie di un oggetto. Il nostro obiettivo è la riproducibilità del pezzo al minor prezzo possibile, per cui vale la regola del togliere invece che aggiungere. Seguiamo il processo industriale, che va dall’idea alla realizzazione fino alla produzione e messa sul mercato, stando attenti anche ad avere il giusto prezzo.
La funzionalità prima di tutto. Essendo la nostra una realtà industriale, miriamo più a questa che all’estetica. Al contrario della bellezza, infatti, la funzione è un parametro oggettivo, insindacabile - una sedia deve essere comoda, una lampada deve far luce e così via. Certo che una volta messa a punto la funzione curiamo anche l’appeal del prodotto.
Sviluppiamo dal concept alla messa in produzione. Ciò che ci distingue è che quando arriviamo in un’azienda sappiamo già tutto, costo pezzo, costo prodotto, tempo macchina. È il mestiere che mi ha insegnato mio padre. È chiaro che noi designer, dando un servizio maggiore, costiamo di più. Ma alla fine “chi più spende meno spende”, perché si trova con un prodotto finito che funziona. La nostra competenza è a 360 gradi.
Nella sfera industriale il metro del successo di un prodotto è l’utente finale. Per quanto riguarda Favaretto & Partners l’esempio lampante è Ambrogio, il side table che ho disegnato per Slide Design e di cui in sei mesi siamo già prossimi a fare il secondo stampo. È un oggetto iconico/ironico che dimostra che anche noi, all’interno del nostro mestiere molto serio, preciso e puntiglioso, possiamo trovare un quid in più, oltre al fatto che il materiale – l’EcoAllene, composto da cartoni di tetrapak – è 100% riciclato e riciclabile. Questa volta abbiamo privilegiato l’estetica, senza però scordarci della funzione: Ambrogio può essere posizionato a lato del divano, usato come tavolino o comodino. E il mercato ci sta dando ragione.
Ho portato il colore all’interno del mondo ufficio, prendendo un prodotto tradizionalmente un po’ serioso e ridisegnandolo per il manager del domani. Questo ha significato ripensare anche i tessuti e il modo di sedersi. Per quel che riguarda le tinte, abbiamo sdoganato il rosa, l’azzurrino, il verde, il giallo. È questa la direzione che in un anno ho dato a Luxy: colore per staccarsi da tutti i competitor.
Il confine è sempre più sfumato. Fino a dieci anni fa il 90% dello studio era contract, ospitalità, uffici. Da quando sono io al timone continuiamo a fare quello che si faceva ieri, ma a 360 gradi, vale a dire con il feeling che consente a un prodotto di “vestire” tutti gli ambienti. Oggi la bravura del designer è creare un oggetto che sia trasversale dalla A alla Z. Siamo globali e così deve essere il prodotto.
Sicuramente le nuove generazioni, che poi sono gli utilizzatori di domani. Disegnare per loro significa creare un prodotto connesso, smart. E che soprattutto duri il più a lungo possibile, anche se mi rendo conto che è un po’ un’utopia, perché il mondo della moda, con i suoi ritmi frenetici, sta influenzando molto quello del design. La nascita e la morte di un prodotto sono troppo veloci oggi, mentre io credo che di una sedia, facciamo l’esempio, l’emozione sia la comodità di ogni giorno. Da progettisti dobbiamo essere sensibili al tema green, del riciclo e riutilizzo di un oggetto, progettando meno ma meglio.
Un progetto che mi mancava e con il quale mi sono da poco confrontato è Opuntia, la lampada tecnica da tavolo realizzata per Panzeri e presentata allo scorso Salone del Mobile [è disponibile anche nella versione a parete, ndr]. È la lampada che ho sempre voluto nei miei tavoli in studio, ma che ancora non c’era sul mercato. È dotata di tecnologia tunable white che consente di impostare colorazioni calde o fredde, mentre grazie alla tecnologia dim to warm è possibile ridurre l’intensità della luce e riscaldare gli ambienti, creando atmosfere intime e rilassanti, sia a casa che in ufficio.
Sicuramente che sia veloce com’è oggi il mercato, sia nel decidere il pezzo che nel produrlo. Non mi interessa tanto il brand, può essere anche una piccola azienda, purché abbia le idee chiare e ci sia la possibilità di crescere insieme.