Quiet luxury: un’idea di lusso discreto, anche nel design

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Vincent Van Duysen, RE Residence, Paris, 2022 - Ph. Matthieu Salvaing

Qualità, sobrietà, nessuna ostentazione. Un trend che parte dalla moda e atterra all’interno della design industry. Ne parliamo con l’architetto e designer Vincent Van Duysen, il design duo Studiopepe e gli autori Wim Pawels e Colin King

La “borsa assurdamente capiente” del primo episodio dell’ultima stagione della serie Succession è diventata, in men che non si dica, un tormentone social, un meme, un monito. La storia è questa. Uno dei protagonisti, Greg, arriva al compleanno del magnate dell’entertainment Logan Roy, accompagnato da una ragazza pesantemente equipaggiata, che scatena i commenti sarcastici del genero di Logan, Tom. "Cosa ci tiene lì dentro, eh?", chiede beffardo. "Le scarpe basse per la metropolitana? Il cestino del pranzo? Dai Greg, è mostruosa. Si potrebbe portare in campeggio. Potresti farla scivolare sul pavimento dopo un colpo in banca". Ma, il vero problema è la caratteristica stampa a quadri della “capiente” borsa, chiaramente riconducibile a un marchio di alta gamma. E a un prezzo. Cosa che a casa Roy non si fa: non si attira l’attenzione, non si ostenta.  

Il principio del “quiet luxury” – trend che ha prosperato negli ultimi anni nel mondo della moda – è racchiuso in questa scena. O nella frase ormai celebre: “I soldi parlano, la ricchezza sussurra”. Un po’ come nella geografia sociale descritta da Truman Capote, a distinguere i veri ricchi dagli altri sono le verdure che servono in tavola: “quelle piccole”. Va da sé, la ricchezza non passa di moda, ma cambiano i modi per alludere alla ricchezza, in un avvicendarsi di corsi e ricorsi. Al momento, il pendolo sembra pendere verso le verdurine di Capote. Cioè, fuor di metafora, al genere che in Cina chiamano senza tanti giri di parole “old money” – che in termini di estetica corrisponde al nostro #quietluxury.  

L’hashtag conta su Instagram oltre 100 mila post, a beneficio di brand come Loro Piana, Brunello Cucinelli, The Row, Hermès, Bottega Veneta. “Assurdamente” costosi, senza dare nell’occhio. Il “quiet luxury” si codifica in uno stile discreto, improntato al classico, caratterizzato da palette di colori neutri e soprattutto da un’attenzione particolare a materiali e fattura di alta qualità. Va da sé, tutto ciò può essere traslato dal mondo della moda al mondo del design – ed è ciò che sta accadendo.  

Contraddicendo forse qualche aspettativa, per un certo periodo prima del divorzio, la famiglia West-Kardashian ha interpretato questo paradigma del fino al parossismo in una coreografia perfettamente orchestrata, come si può ancora vedere nel servizio che Architectural Digest dedicò alla loro dimora in California nel 2020. Neutri i colori scelti per l’abbigliamento, il make up, le poltrone, gli accessori e ogni angolo della casa che è stata studiata da un  dream team composto da Vincent Van Duysen, Axel Vervoordt, Claudio Silvestrin, Wirtz International (per il giardino). “Tutto il mondo esterno è così caotico”, commentava Kim Kardashian nell’articolo. “Mi piace entrare in un luogo e percepire immediatamente un senso di calma”. 

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Vincent Van Duysen, HH Penthouse, New York - Ph. rançois Halard

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Vincent Van Duysen, VVD I Residence, 1988 - Ph. Giorgio Possenti
 

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Vincent Van Duysen, VVD II Residence, 2003 - Ph. Thomas Seear Budd

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Vincent Van Duysen, AK Residence, Antwerp, 1994 - Ph. Alberto Piovano

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Vincent Van Duysen, C Penthouse, Antwerp, 2016 - Ph. Mark Seelen

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Vincent Van Duysen, VDC Residence, 2010 - Ph. François Halard
 

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In 30 anni di attività, Van Duysen, architetto e designer di Anversa – dal 2016 anche direttore creativo di Molteni&C –, è stato in prima linea fautore di questa architettura “calma” o, per dirla con le sue parole, di  "una sorta di silenzio visivo, mirato a promuovere e infondere comfort e benessere. Mi sforzo di creare interni dove le persone possano disconnettersi, staccare la spina". Il risultato si manifesta in ambienti in cui ogni cosa è misurata, con effetto talvolta monastico ma “caldo”, che interpreta un’idea di lusso rilassato. Sebbene “lusso” sia una parola che non riscuote alcuna simpatia da parte sua, ed è la prima cosa che tiene a precisare.  "Per me un progetto – sia esso un interno o un oggetto – deve rispettare i principi del design", dice.  "[Penso] a spazi senza tempo definiti dall’essenziale, dove entrano in gioco solamente luce, forma, materiali. Sono i gesti, i dettagli o l’impiego di materiali squisiti a dare una sensazione di opulenza. Evito elementi superflui che creino rumore e lavoro duramente per raggiungere un punto di equilibrio tra purezza e contenuto". Sebbene nella comunicazione della moda “quiet luxury” sia spesso sinonimo di “stealth wealth”, cioè di ricchezza non appariscente, la definizione nell’ambito del design sembra meno associata all’idea di status symbol e più incline a enfatizzare le componenti emozionali. E infatti, Van Duysen attribuisce notevole importanza alla selezione di materiali naturali e organici proprio perché capaci d’infondere  "un senso di serenità e completezza. Ritengo che una parte significativa dell’emozione che il mio lavoro riesce a trasmettere derivi dalla loro presenza, dagli aspetti tattili e il gioco tra le tessiture". 

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Studiopepe, Avart - Boutique, Lugano 2022 

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Studiopepe, Hermès - Accessories boutique, Roma 2022 

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Studiopepe, Terra - Archiproducts, Milano 2023 

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Studiopepe, L'impero dei sensi - Visionnaire, Milano 2023 

Salone del mobile Salone del mobile

Anche per Chiara Lelli Mami e Chiara Di Pinto, fondatrici di Studiopepe – agenzia di design, architettura e direzione creativa con sede a Milano – la natura gioca un ruolo chiave, sia come ispirazione che come riferimento. E definiscono il “quiet luxury” non solo "l’eleganza non urlata di ambienti senza tempo che non invecchiano" ma anche e innanzitutto "un approccio e una sorta di filosofia di vita" e "un viaggio alla riscoperta delle cose essenziali, fatte bene, che è il vero lusso". Proprio perché si tratta di un’attitudine mentale, spiegano, l’aspetto psicologico è decisivo. "Casa  è dove ti vuoi fermare, che sia un hotel o una vera e propria abitazione. E in un momento come quello attuale, questo trend sintetizza il bisogno di sentirsi rassicurati e protetti. Perciò c’è meno voglia di sperimentare e di osare con colori e materiali, per esempio, a favore di un mix calibrato di sfumature e materie". 

Del resto, il cosiddetto “quiet luxury” non è nulla di veramente nuovo. Come altri momenti in passato è stato generato da un contesto d’incertezza, a cui la pandemia ha contribuito sia da un punto di vista economico che di percezione. Rispetto al sistema di valori che sottende, si tratta di un lontano parente del minimalismo, ultimo grande trend fondato sull’understatement scaturito dalla crisi finanziaria degli anni Novanta del secolo scorso. Corrente trasversale capace d’investire tutti i campi del gusto, dall’abbigliamento alla cucina, il minimalismo arrivava dopo gli eccessi degli eclettici anni Ottanta, come il “quiet luxury” si contrappone oggi nella moda all’indigestione di logo-mania. Nel mondo del design sembra controbilanciare l’effetto spettacolarizzazione e l’appetito per interni massimalisti che ha proliferato sui social media. Quel che hanno in comune è soprattutto un certo livello di semplicità", spiega Wim Pawels, autore e editore che con la sua casa editrice Beta Plus ha dato alle stampe di recente il volume illustrato  Quiet luxury  (2023), una rassegna di 18 interni da tutto il mondo caratterizzati da uno stile sobrio e lussuoso. "Tuttavia, minimalismo e “quiet luxury” si differenziano nell’approccio a materiali, colori, dettagli e più in generale nell’atmosfera. Mentre il primo adotta un’estetica funzionale e ridotta al minimo, con il secondo ci si riferisce ad ambienti comunque sontuosi e confortevoli". 

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Colin King, Arranging Things, Rizzoli

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Colin King, Arranging Things, Rizzoli

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Wim Pawels, Quiet luxury, Beta Plus

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Wim Pawels, Quiet luxury, Beta Plus - Merijn Degraeve interior architects - Ph. Jeroen Verrecht 

Salone del mobile Salone del mobile

Non molto tempo fa, Van Duysen ha accettato di scavare nei suoi archivi per Zara Home, andando a rivisitare alcuni dei suoi pezzi classici per l’azienda spagnola che vende arredi a prezzi accessibili. Cosa che potrebbe anche suggerire che un effetto “quiet luxury” si possa ottenere anche senza spendere una fortuna.  E comunque sia, non si tratta di acquistare cose nuove, ma rispolverare quelle che abbiamo con nuovi occhi, come ha scoperto Colin King, stylist d’interni di casa a New York, durante il lockdown. Il suo libro Arranging Things (Rizzoli), una raccolta di foto che mostrano scorci semplici e insieme sofisticati, potrebbe diventare un vademecum del “quiet luxury”, seppur nel libro non si faccia mai uso di questa espressione. Scrive King: “Spesso ci sentiamo costretti a riempire il vuoto. Nelle conversazioni, [e] lo stesso vale per lo stile. È difficile sopportare il disagio di un muro o di una superficie vuota. Ma il vuoto può essere un'espressione di potenziale e una forma di bellezza”. Spiega che l’importante è mettere le cose giuste al posto giusto. E alla fine vi accorgerete che “nessun’altra configurazione è possibile”.