Stamuli: la disciplina ribelle
L’architettura d’interni come campo di sperimentazione di business: Emanuele Stamuli racconta la sua esperienza di progettista attento al dettaglio e al feng shui dello spazio
“L’armonia del pensiero progettuale è frutto del contrasto: per far funzionare uno spazio è importante porre l’accento sulle differenze, più che celebrare la perfezione”, attenzione dunque al dettaglio spettinato o un colore che spacca la palette. Emanuele Stamuli ha le idee molto chiare su come si lavora alla scala dell’interior design. Perché è questo l’ambito nel quale si muove con disinvoltura, accostando, sorprendendo, sperimentando nuove dimensioni estetiche per l’abitare.
Classe 1982, Emanuele vive e lavora a Stoccolma, dove si stabilisce dopo aver maturato un percorso professionale eclettico tanto quanto le sue origini, radicate tra Napoli e il Dodecanneso. Una laurea a Genova in design navale inizia a collaborare con i Cantieri Benetti, azienda che opera nel settore della cantieristica navale di lusso, con sede (storica) a Viareggio.
“Dai materiali agli elementi di arredo per barche e yachts: ho imparato moltissimo”, soprattutto a surfare da una disciplina all’altra alla ricerca di un’idea di domesticità liquida dove far atterrare il comfort marino. E dalla nautica alla moda: un passaggio da Fendi a Roma, da Prada ad Arezzo e poi in viaggio verso la capitale svedese per avvicinarsi al marchio danese Acne Studios e strutturare una collaborazione lunga e duratura.
Venti collaboratori da tutto il mondo, un unico socio di maggioranza, la sorella, e tre milioni di euro di fatturato per lo studio fondato nel 2016: “Il 70% arriva dal fashion retail”, showroom, boutique, three-wall corner, pop-up, incarichi raddoppiati negli ultimi cinque. “Stamuli è un atelier specializzato nell’architettura di interni”, precisa. “Per noi il progetto è un incrocio di informazioni, creatività, intuito: dalla capacità di spesa del cliente al volume dello spazio, la pianta cuce in un insieme armonico ogni minimo indizio”, la planimetria è l’istantanea di partenza.
“Forse anche il momento più divertente del processo creativo: una sfida al centimetro dove interpretare le aspettative del cliente. Cosa fa sentire a proprio agio una persona in un ambiente pubblico o privato? La possibilità di entrare in relazione con il luogo e vivere un’esperienza. I desiderata dei committenti sono importanti tanto quanto il segno autoriale: “il motivo per cui ci incaricano è che lo studio educa lo spazio a una certa idea di razionalismo. Che vuol dire tornare all’autenticità dei materiali e alla loro forma espressiva, per esempio. Ecco perché cerchiamo di costruire spazi autentici, che sanno invecchiare con dignità”. E l’autenticità la si esprime attraverso il gioco dei contrasti, giustapponendo il calore del legno al minimalismo dell’acciaio, la femminilità delle linee curve alla più rigida ortogonalità. “Per noi l’eleganza è la capacità di evidenziare un ‘inciampo’ in una impostazione di assoluta perfezione”.
Ganni ad Amburgo, Dion Lee a Melbourne, Magda Butrym a Varsavia sono progetti traccianti nello sviluppo dell’identità dello studio. “In Polonia, per esempio, abbiamo giocato sull’inaspettato: dalla scelta degli arredi alle opere d’arte disposte nello spazio, il percorso all’interno del negozio procede come una caccia al tesoro”, e restituisce al cliente il fascino dell’esperienza.
“A volte è un oggetto, a volte è un ecosistema all'interno dello spazio architettonico: l’effetto sorpresa è giocato su piani diversi. Con Ganni abbiamo usato il colore”.
Ed è forse in questo spazio che si ritrova la coerenza nello sviluppo delle collezioni di arredi presentate per esempio a Edit Napoli nel 2021 e nel 2023: pianta, sezione e assonometria sono gli strumenti di progetto che Emanuele utilizza per definire tavoli, sedie, poltrone. Lo racconta bene Tagada: “forme volumetriche molto semplici, molto ortogonali, enfatizzate anche dall'uso del colore. È sufficiente un minimo slittamento del fuoco prospettico per avere una diversa percezione e quindi esperienza dell’oggetto”, ancora una questione di dettagli.
“Per me è importante capire il Feng Shui di uno spazio: mi limito a osservare i volumi interni e la loro relazione con il paesaggio fuori. I campi, il mare, l'albero di mimosa, il vento che soffia, l’ombra che arriva… poi, tutto a un tratto, l’idea prende forma”, spontaneamente. “Ma è importante avere il coraggio di rompere gli schemi, Andare oltre le gabbie dello stile mainstream, ovvero ’radical chic’”, la rivoluzione nell’architettura d’interni passa attraverso il recupero di un nuovo eclettismo. “Per riscoprire la forza del linguaggio punk”, chiude Emanuele Stamuli. “Il dettaglio vero che mi piace stanare”. Per tornare alle origini e svelarsi per quello che ancora si è: ribelli.