Sthuthi Ramesh apre una nuova strada nel mondo del graphic design
Una donna di colore che ambisce a lasciare il segno nel mondo del design deve affrontare molti ostacoli. E se è anche madre? Sthuthi Ramesh ci parla del suo lavoro da graphic designer freelance, del potere che risiede nell’esprimere le sue origini sud-asiatiche nel suo lavoro, e dell’importanza dell’autoriflessione per migliorarsi costantemente.
Una gradevole tavolozza che accosta rosso, blu e le tonalità calde della terra fa da sfondo all’elegante carattere disegnato da Karel Martens e Jungmyung Lee: è questa l’identità visiva pensata dalla designer di origini indiane, londinese d’adozione Sthuthi Ramesh per la galleria d’arte di Mumbai Jhaveri Contemporary. Il modo in cui Ramesh riesce a fondere le sue origini asiatiche con l’influenza modernista, grazie a un sapiente gioco di colori, è il suo tratto distintivo, che la fa spiccare soprattutto nel panorama del graphic design contemporaneo britannico.
Non tutti i clienti però riescono a capire lo stile di Ramesh. “Usare così tanti colori ci dà un aspetto infantile” recitava il feedback relativo a una sua presentazione per un cliente britannico. “Molte aziende hanno ancora paura di osare con il colore” spiega Ramesh. “Dicono di volerlo fare, ma allo stesso tempo ne sono preoccupate”. Sebbene questo possa talvolta metterle i bastoni tra le ruote, Ramesh è decisa a far conoscere la sua estetica. Mi fa un esempio: “Potremmo paragonarlo alla camera oscura, dove all’inizio è tutto buio e non si capisce che cosa stia succedendo, ma quando a poco a poco la vista si abitua al buio si riesce a familiarizzare con lo spazio. Questo è ciò che accade quando la clientela corporate si avvicina all’uso del colore nel graphic design”.
La carriera di Ramesh è costellata di svolte. Dopo la laurea in Belle Arti in India, iniziò a lavorare per l’agenzia pubblicitaria Ogilvy, e presto si rese conto della sua vocazione per un percorso di graphic design più artistico. Si trasferì dunque nel Regno Unito per conseguire un Master presso il London College of Communication, e proprio a Londra capì quale fosse il suo vero campo di interesse, ossia il punto dove arte e design si incontrano. Nel corso degli anni ha avuto modo di sperimentare lavorando presso grandi agenzie come Browns, Pentagram, Winkreative eMade Thought, dove le sono stati affidati diversi clienti. “Trovo il rapporto tra arte e commercio qualcosa di estremamente stimolante”.
La più recente svolta nella carriera di Ramesh è avvenuta quando ha deciso di iniziare a lavorare come freelance, scelta maturata dopo l’inizio di una nuova avventura di vita, la maternità. “Nel 2019 stavo cercando di capire come conciliare maternità e lavoro riuscendo a trovare un equilibrio di indipendenza e flessibilità”. In questa nuova fase della vita, non c’era più la possibilità di decidere spontaneamente di partecipare a un evento, e pertanto una presenza online si è rivelata di fondamentale importanza per Ramesh, oltre a un altro strumento utile: un gruppo di networking di professionisti del settore creativo originari dell’Asia Meridionale, molti dei quali risiedono a Londra. Grazie a un vivace gruppo WhatsApp e agli incontri di persona, Ramesh ha trovato grandi opportunità di lavoro come freelance, come per esempio quello per Jhaveri Contepmporary. Ramesh ha incontrato la fondatrice, Amrita Jhaveri, proprio tramite il gruppo, ed è così arrivata a creare uno straordinario catalogo per la Frieze Art Fair di Jhaveri Contemporary nel 2019, per l’artista indiana Monika Correa. La collaborazione è continuata nel 2020, e Ramesh ha lavorato sulla nuova brand identity e sulla ristrutturazione del sito internet della galleria di Mumbai, che ha catalizzato l’attenzione sul suo uso sapiente e significativo del colore.
Nonostante abbia costruito una solida rete di contatti e abbia un flusso costante di commesse, anche Ramesh a volte patisce ancora la sindrome dell’impostore. “Mi sembra che alcuni clienti abbiano un preconcetto in merito ai designer indiani e una mancanza di conoscenza. Forse non è così, ma il mondo mi ha dato un po’ questa impressione”. Ramesh si riallaccia a questo, e attualmente si concentra su progetti di natura culturale, molti dei quali in India, che sono per lei uno strumento per entrare in contatto con la propria identità e al contempo intrecciarla con gli ideali del design modernista. Il lavoro di ricerca ha un suo ruolo, ma Ramesh si chiede perché la storia del graphic design dell’Asia meridionale non sia così immediatamente accessibile come lo è l’eredità del graphic design occidentale. “È tutto un po’ nascosto da qualche parte”, sostiene.
Una delle sue imprese più recenti è stata portare alla ribalta l’arte tipografica dell’Asia meridionale con un nuovo libro, che si spera possa aiutare la nuova generazione di designer a scoprire questo grande patrimonio di conoscenze nel campo del graphic design.
Nella sua riflessione, Ramesh sottolinea che c’è ancora della strada da fare per cambiare il settore del graphic design. “Nei miei 10 anni di esperienza nel Regno Unito, ho lavorato solo una volta per una donna di colore”. Questo comunque non le impedisce di continuare a irrompere nelle sale riunioni delle aziende per scovare commesse che siano in linea con il suo modo di pensare e lavorare. “Sono brava come chiunque altro” è lo stesso spirito che la motiva a pubblicare i suoi progetti sui social media. “Non si tratta di un confronto con gli altri, ma del mio personale percorso di miglioramento”.