Direttiva Case Green: scadenze, obblighi e novità
Diventa operativo l’accordo per ridurre l’impatto ambientale del parco immobiliare europeo. Passo dopo passo, ecco cosa cambierà, a seconda degli immobili e dei possibili casi
La cosiddetta “Direttiva Case Green”, Denominata Direttiva (UE) 2024/1275 del Parlamento europeo, è l’accordo per ridurre l’impatto ambientale del parco immobiliare europeo, è diventata operativa. Questo significa che l’obiettivo sarà decarbonizzare il patrimonio immobiliare europeo entro il 2050, passo dopo passo, a seconda della tipologia degli immobili e attraverso piani di ristrutturazione dettagliati dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2025.
Considerazioni iniziali
L’Unione Europea traccia, nelle considerazioni iniziali della direttiva, il quadro generale, segnalando che gli edifici sono responsabili del 40% del consumo di energia dell’Ue e del 36% delle emissioni di gas serra associate all’energia, mentre il 75% degli edifici europei è oggi inefficiente sul piano energetico. Il gas naturale è la principale fonti di riscaldamento degli edifici, seguito da petrolio e carbone, si legge. Pertanto, la riduzione del consumo energetico è considerata una misura necessaria per ridurre le emissioni di gas serra e la povertà energetica nell’Unione. La norma snocciola i dati: il 42% dell’energia consumata nel 2021 è stata utilizzata negli edifici; oltre un terzo delle emissioni legate all’energia provengono dagli immobili; circa l’80% dell’energia utilizzata nelle famiglie è destinata a riscaldamento, raffreddamento e produzione di acqua calda. Va poi considerato che l’85% degli stabili presenti negli stati membri è stato costruito prima del 2000: di questi, il 75% ha una scarsa prestazione energetica. Agli edifici, continua la norma, sono imputabili emissioni di gas a effetto serra prima, durante e dopo la loro vita utile.
Zero emissioni entro 2050
Gli obiettivi della Direttiva Case Green sono ambiziosi: ridurre il consumo energetico degli edifici residenziali esistenti del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, rispetto al 2020. Per quanto concerne gli immobili non residenziali, questi dovranno ridurre il loro consumo energetico medio del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2033. Priorità d’azione, sottolinea ripetutamente la norma, deve essere posta nei confronti degli immobili con le prestazioni energetiche peggiori, mentre per quanto riguarda le nuove costruzioni, la tabella di marcia prevede che gli Stati membri garantiscano che questi siano a emissioni zero a partire dal 2028, mentre dal 2030 questo varrà per tutti i fabbricati di nuova costruzione, quindi anche privati. Per promuovere il raggiungimento di questi target, agli Stati è chiesto di adottare una serie di misure per migliorare l’efficienza energetica, ad esempio fissare requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici nuovi o ristrutturati. Oppure, come vedremo, eliminare gradualmente i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffrescamento degli edifici, ma anche la manutenzione e l’ispezione regolari di questi impianti da parte di personale qualificato, legando ispezioni e certificazioni. Ancora, si chiede che nei piani nazionali di ristrutturazione siano incluse politiche e misure relative all’installazione di impianti solari adeguati su tutti gli immobili.
Ristrutturazioni green
Con la Direttiva Case Green, una novità importante riguarda le ristrutturazioni. Per quelle più importanti, entro il 29 maggio 2026, sarà introdotto un sistema di passaporti di ristrutturazione (facoltativi), definiti come “una tabella di marcia su misura per la ristrutturazione profonda di un determinato edificio, in un numero massimo di fasi che ne miglioreranno sensibilmente la prestazione energetica”. Sanno redatti e rilasciati contestualmente all’attestato di prestazione energetica – ma essendo facoltativi sarà sempre possibile ottenere l’attestato di prestazione energetica senza un passaporto di ristrutturazione. La maggior parte delle ristrutturazioni dovrà riguardare il 43% del patrimonio edilizio più energivoro, il che significa che non basterà introdurre nuovi edifici “green” per migliorare la media nazionale.
Obblighi e scadenze
Come già visto, gli edifici pubblici di nuova costruzione dovranno essere ad emissioni zero già a partire dal 2028, mentre quelli esistenti avranno tempo fino al 2050, anche se con obiettivi intermedi di prestazione già a partire dal 2030. Tutti i nuovi immobili pubblici e non residenziali con una superficie coperta utile superiore a 250 metri quadrati dovranno avere impianti solari installati entro il 31 dicembre 2026. Entro il 2029 tutti i nuovi edifici residenziali e nuovi parcheggi coperti adiacenti agli immobili dovranno essere dotati di sistemi fotovoltaici. Viceversa, dal 2025 non saranno più incentivabili le caldaie che funzionano solo a metano, con il target di eliminarle completamente entro il 2040. Citata invece la possibilità di fornire incentivi per l’installazione di impianti ibridi “con una quota considerevole di energie rinnovabili, come la combinazione di una caldaia con un impianto solare termico”. Non tutti gli edifici rientrano negli obblighi previsti dalla direttiva: sono esclusi ad esempio i luoghi di culto, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, i fabbricati indipendenti con superficie inferiore ai 50 mq, gli edifici delle forze armate (ma non alloggi e uffici). Previste esenzioni per gli edifici agricoli e per quelli con un particolare valore architettonico o storico.
Visto il quadro fin qui delineato, quindi, per comprendere quali saranno gli obblighi per i privati sarà necessario attendere la definizione dei piani nazionali e gli standard minimi di prestazione energetica.
APE: novità in vista
Ultima grande novità relativa alla Direttiva Case Green riguarda gli APE (attestati di prestazione energetica), ovvero i documenti che indicano il valore della prestazione energetica di un edificio: la direttiva introduce una scala comune di classi di prestazione energetica e un modello comune per garantire la comparabilità degli attestati su tutto il territorio europeo. La scala comune andrà da A a G (ma è stata introdotta anche la classe A0): alla lettera A corrisponderanno gli edifici a emissioni zero mentre in classe G rientreranno gli edifici con le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale al momento dell’introduzione della scala. Inoltre, a partire da 29 maggio 2026, l’APE dovrà indicare informazioni come classe di prestazione energetica, consumo annuo di energia primaria e finale, la percentuale di energia rinnovabile prodotta rispetto al consumo energetico, le emissioni di gas serra e, se disponibile, anche il valore del potenziale di riscaldamento globale del ciclo di vita dell’edificio. L’attestato conterrà poi anche fabbisogno energetico, la capacità di adeguamento del consumo energetico e l’efficienza del sistema di distribuzione del calore all’interno dell’edificio.