Il Less is More di Sabine Marcelis, l'intervista
Da Swivel a Light Horizon, l’ultima installazione al festival delle luci di Riad, la giovane designer olandese si accosta a materiali, processi produttivi, colori e luce cercando di creare momenti magici ed esperienze a tratti inaspettate
Incontrare Sabine Marcelis è un po’ come imbattersi nella sintesi tra il minimalismo di Issey Miyake e il glamour di Miuccia Prada. Se, in comune con lo stilista giapponese, la produzione della giovane designer declina l’essenziale e la ricerca su forma e materia senza mai ripetersi, con Miuccia Sabine condivide un linguaggio elegante e creativo. Sguardo chiaro e allegro, voce fresca e un fare diretto, ci racconta – con semplicità piena di senso – di come usi colore, riflessi e traslucenze per creare progetti fluidi e dinamici. Nessun trucco o vuoto storytelling caratterizzano la sua opera, ma uno studio spasmodico di luce e materia con cui realizza la propria visione senza mai tradire quel senso di responsabilità ambientale che, ribadisce, dovrebbe essere connaturato in ogni designer.
Si è trattato di un progetto più razionale che sperimentale. Quando mi hanno chiesto di creare qualcosa per St Giles Square, ho voluto visitarla di persona per rendermi conto dello spazio. Qui c’è di tutto: sia dal punto di vista architettonico sia dal punto di vista umano – è un via vai concitato di persone. Mi piaceva l’idea di creare qualcosa di iconico che si potesse esperire da qualunque punto della piazza. E volevo introdurre un po’ di colore in quest’area prevalentemente grigia. Ho scelto di utilizzare un materiale naturale che facesse da contraltare al cemento e a quanto di artificiale troviamo in questo luogo. Essendo un’installazione outdoor, avevo bisogno di una materia molto forte e resistente: ho optato per un agglomerato di granito, quarzite, marmo e travertino. Da qui, poi, la scelta dei colori di ogni singola seduta.
Amo la materia. Generalmente, i miei progetti partono proprio dai materiali che utilizzo e da una prima fase di produzione: lavoro sulle forme che piano piano emergono e che trovo attraenti. Il mio approccio alla geometria e alla forma mira all’essenzialità e al rigore in modo tale che sia la materia, con i suoi colori, a parlare. In un progetto come Swivel, per esempio, sono le linee delle sedute a creare sia il movimento sia queste forme nette, perfette, che fanno da contraltare a quelle degli edifici che circondano l’area.
Cerco sempre di usarla in modo consapevole, rispettoso ed efficiente. Nei materiali, qualunque essi siano – vetro, resina, marmo, metallo, tessile – cerco la luce ed esploro i modi per farla uscire, attraverso lampi, bagliori o riflessi. Spesso affronto processi lunghi e ingegneristici che mi affascinano.
Quando, su invito del Vitra Design Museum, ho riorganizzato le quattrocento opere esposte suddividendole per colore, in un accostamento sperimentale di autori, texture, forme ed epoche differenti, ho riflettuto a lungo sul tema. Ci sono molti modi di lavorare con le cromie e c’è senz’altro una scienza dietro all’accostamento armonioso delle nuance – che conosco molto bene e che utilizzo – ma, in quell’occasione, e, in generale nei miei progetti, mi affido più all’intuito e alle emozioni. È così che scopro combinazioni cromatiche inaspettate o inusuali che funzionano benissimo. Non seguire alla lettera alcuna teoria mi permette di preservare l’effetto sorpresa e divertirmi.
In questo momento, mi affascinano gli spazi outdoor. È innegabile che movimento e luce siano quindi importanti. Per farti un esempio: con Swivel volevo creare “approdo”, un punto fermo in questa piazza aperta e brulicante, ma anche incoraggiare condivisione e interazione. Il movimento delle sedute ha proprio questo scopo: permette a chi si siede di restare solo a riposare o di mettersi in relazione e dialogare con l’altro. Questo movimento, insieme al colore, serve per conferire vivacità e divertimento alla piazza.
Come designer abbiamo una corresponsabilità enorme dal momento che la produzione sfrutta le risorse naturali. Di solito lavoro solo per esclusive e disegno oggetti unici o in limited edition, cosa che, credo, sia di per sé una presa di coscienza in merito. Pongo massima attenzione quando si tratta di grandi installazioni, come per esempio Swivel. Non avrei mai usato marmo, granito, travertino se non mi avessero detto che sarebbe stata permanente. Nel mio studio, insegniamo ai designer a pensare e progettare nella maniera più responsabile e sostenibile possibile e lo stesso edificio trae energia solo da pannelli solari. Noi lavoriamo con le resine, che non è l’opzione più ecologica possibile, per cui, ogni giorno, studiamo nuovi materiali, cerchiamo di capire come lavorare con materiali biologici oppure nuovi e innovativi.