L’inesorabile evoluzione del packaging
Quale sarà il destino di incarti e imballaggi in un mondo sempre più sensibile alla sostenibilità e orientato all’online shopping? Le buone pratiche (tra le altre) di Apple, Rimadesio, Ruinart e VF Corporation
Primo passo dell’esperienza di acquisto o mero involucro di cui liberarsi in fretta? E ancora, strumento per dichiarare l’identità del marchio, esercizio di stile, sfida di design: il packaging può essere tutte e nessuna di queste cose. Senza dubbio, in tempi di boom dell’e-commerce, nonché di presa di coscienza dell’impatto ambientale delle plastiche, tutto ciò che protegge/avvolge/presenta il prodotto non può essere considerato un elemento trascurabile: nel bene o nel male, per quanto sottile esso sia, il packaging fa parlare di sé, dalla carta di una caramella all’imballaggio di una sedia.
A tal proposito, lo scorso novembre Nendo ha presentato per il centenario brand giapponese di dolciumi Kanro un progetto di packaging volto a esaltare la consistenza di una nuova caramella particolarmente morbida. Il design realizzato per l’occasione anticipa ed esalta l’esperienza gustativa dell’acquirente, che inizia il suo viaggio ben prima di masticare le tre diverse forme di gommose contenute nella confezione.
All’unboxing (lo “spacchettamento”), come prima tappa di un viaggio che rivela le caratteristiche del prodotto scelto, sono addirittura dedicati centinaia di canali YouTube. Avventurandosi nel gioco di incastri tra pellicole, linguette, carte veline, gli utenti guardano i video e assaporano virtualmente il sottile piacere di scartare l’oggetto del desiderio, sia esso l’ultima versione di una console di videogiochi o l’iconica scatola arancione che racchiude un accessorio Hermés.
Ma il packaging può anche trascendere dalla sua concezione tradizionale e assumere sembianze innovative. Come nel caso della start-up inglese Cazoo che, per consegnarti a domicilio l’auto usata acquistata su un’app, utilizza un furgone brandizzato che funge da grande pacco sorpresa.
Tuttavia, se la prima impressione estetica condiziona nel profondo la relazione con l’acquirente, altri fattori hanno, oggi, un peso ugualmente importante.
Nel 2020 in Italia si è registrato un trend di crescita del 26% per gli acquisti online, corrispondente a un valore totale di 22,7 miliardi di euro, 4,7 in più rispetto al 2019 (dati Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano). Un’abitudine destinata a consolidarsi nella nuova normalità post pandemica e che deve indurre le aziende a adottare un packaging funzionale alla spedizione.
In realtà, c’è chi fa scuola da decenni con la propria soluzione salvaspazio: parliamo di Gebrüder Thonet Vienna, che ha venduto 50 milioni delle iconiche sedie n°14 in settant'anni, spedendole in ogni parte del globo - oltre 4.000 casse solo nel 1905 - a blocchi di 36 per metro cubo.
Recentemente, Apple ha eliminato l'alimentatore e gli EarPods dalla confezione del nuovo iPhone 12, riuscendo a caricare il 70% in più di scatole sui pallet e tagliando oltre 2 milioni di tonnellate di emissioni di carbonio all'anno, equivalenti a rimuovere quasi 450.000 auto dalla strada. Presentare e rispettare una buona narrativa della sostenibilità, anche attraverso il proprio packaging, è, infatti, l’altro requisito per restare competitivi.
La tendenza è sotto agli occhi di tutti anche nel nostro Paese: nonostante l’emergenza sanitaria, il 27% degli italiani ha mantenuto e il 33% addirittura ha aumentato il livello di importanza attribuita ai temi ambientali. Secondo l’Osservatorio Packaging di Largo Consumo (Nomisma/Università di Padova), ben 9 italiani su 10 sono preoccupati per l’impatto che le confezioni in plastica generano sull’ambiente e si ripromettono di acquisire nuovi comportamenti green. ll 65% della popolazione preferirà prodotti con poco imballaggio (+15 punti percentuali rispetto a oggi); il 59% quelli con packaging sostenibile (+14 p.p.) e il 57% ridurrà l’acquisto di quelli con imballaggi in plastica non riciclata (+12 p.p.).
L’Italia è seconda in Europa per la domanda di plastica e, in generale, il primo impiego del materiale nel continente è proprio nel packaging (39,6%) secondo il Plastics Europe Market Research Group.
Infine, dopo l’ennesimo rinvio a causa delle difficoltà economiche in cui versa il Paese, il primo gennaio 2022 entrerà in vigore la Plastic Tax, l’imposta rivolta ai Macsi, ovvero gli imballaggi in plastica, il Tetrapak e gli involucri usa-e-getta per apparecchiature elettroniche ed elettrodomestici.
Nei diversi settori, in tanti si stanno già muovendo. Ad esempio Rimadesio, nel campo dell’arredamento, che ha effettuato la conversione a imballi riciclabili al 100%, risolvendo le problematiche legate allo smaltimento delle precedenti casse in legno.
O Ruinart, il prestigioso marchio di champagne, che ha lanciato un elegantissimo ed ecologico involucro in carta di cellulosa per racchiudere, come una seconda, pelle le proprie bottiglie.
E ancora VF Corporation, titolare di marchi della moda tra cui The North Face, Timberland e Vans, che intende rimuovere gli imballaggi in plastica entro il 2025.
Emblematica la storia del brand slow fashion Asket, che, nel 2020, ha lavorato per eliminare la plastica e ridurre l’ingombro dell’incartamento di circa un quarto rispetto al precedente volume. L’operazione è presentata come una sorta di giving back per contribuire a ridurre l’impatto ambientale del settore dell’e-commerce, che ha permesso al brand svedese - come a tanti altri - di rimanere a galla durante la pandemia.
Ma dato che quando si tratta di ecologia nessun successo può definirsi tale se si è da soli a raggiungerlo, Asket ha prodotto un white paper dove mette a disposizione la propria strategia per tutti coloro che vorranno riprodurla.
Come a dire: progettare un packaging ecosostenibile, economico, funzionale e capace di anticipare ed esaltare l’identità del prodotto che racchiude è una sfida possibile. Ma serve la prontezza di raccoglierla.