Materially, cercare i nuovi materiali sostenibili
In conversazione con Anna Pellizzari, Executive Director di Materially, azienda che aiuta le imprese a innovare i propri prodotti partendo dai materiali
La scelta dei materiali è una delle tante fasi della progettazione che possono rendere un oggetto più o meno sostenibile, ma è anche la fase che più si ripercuote sugli impatti fisici di un prodotto nell’ambiente: una scelta che lega indissolubilmente tutti gli step di una filiera, dalla risorsa primaria alle lavorazioni di finitura – fino a diventare il nodo da sciogliere quando si arriva al fine vita dell’oggetto. A raccontarci cosa sta cambiando nel settore dei materiali è Anna Pellizzari, da dieci anni Direttore Esecutivo di Materially. “Materially è una società che si occupa di consulenza sui temi dell’innovazione e della sostenibilità dei materiali”, spiega, e che è partner di FLA-PLUS, con cui sta sviluppando una libreria digitale con l’obiettivo di aiutare le imprese del settore legno-arredo nella scelta dei materiali in maniera trasversale.
Materiali sostenibili
“Le caratteristiche di sostenibilità o, meglio, le caratteristiche di riduzione dell’impatto ambientale dei materiali sono diventate negli ultimi anni un pezzo molto importante dell’innovazione. Uno dei motti di Material ConneXion, storico partner di Materially, è proprio ‘progettare a partire dai materiali’, perché spesso è proprio il materiale ciò che può ispirare un oggetto, e le aziende sono sempre alla ricerca di soluzioni in questo senso, che possono essere applicate in diversi momenti dello sviluppo di un prodotto. Materially si pone come interlocutore tra chi produce materiali innovativi e chi li utilizza: i primi hanno bisogno di capire se quello che producono può avere applicazione e in quale mercato, i secondi sono invece in cerca di modalità per migliorare i propri prodotti, o di idee per produrre qualcosa di radicalmente nuovo. Collaboriamo praticamente con tutti i settori, dal packaging al retail, dall’arredo all’automotive, dallo sport agli articoli per bambini.”
I materiali nel settore dell’arredo
“Rispetto alla sostenibilità, uno dei punti centrali del settore legno-arredo – un settore a mio parere già molto virtuoso per il tipo di materiali che usa - riguarda la durabilità del prodotto. La filiera italiana in particolare è focalizzata su prodotti durevoli che il consumatore può utilizzare molto a lungo, il che contribuisce positivamente alla riduzione dell’impatto ambientale di un oggetto. All’interno del settore, in generale, rintraccio tre macro-tipologie di approcci alla circolarità.
Il primo approccio è quello del design for disassembling, principio che guida nel progettare, fin dalle prime fasi, oggetti che siano facilmente smontabili: eliminando colle e adesivi, utilizzando incastri e adottando tutte le soluzioni che permettono una facile sostituzione e riparazione dei componenti, allungando così la vita del prodotto. Inoltre semplificano il disassemblaggio a fine vita, facilitando il riciclo.
Il secondo approccio è quello che io chiamo ‘di sistema’, che interviene cioè sui processi e sulle misurazioni degli impatti dell’azienda con un lavoro sostanziale di analisi qualitative e quantitative e con azioni che riguardano la produzione nel suo complesso, come l’utilizzo di energie rinnovabili, l’efficientamento energetico dei processi, l’eliminazione di sostanze inquinanti eccetera.
Infine, vi è l’approccio centrato sul riciclo e sulla chiusura del cerchio della materia. È un approccio di filiera, in cui si inserisce tutto il mondo dei pannelli riciclati, e di cui fanno parte i principali player italiani del settore, che assorbono il rifiuto della filiera del legno e lo riciclano per farne pannelli da reintrodurre nel ciclo produttivo. Tra gli esempi di aziende che operano secondo una o più di queste modalità citerei Valcucine, che su riduzione e sostenibilità ha costruito la sua strategia di prodotto in passato; Flos, che dal 2019 produce e progetta i nuovi oggetti con criteri di design for disassembling; Arper, con il suo approccio di sistema alla sostenibilità e alla misurazione degli impatti; e i grandi produttori di pannelli come Fantoni, Saviola e Saib.
“Rispetto all’innovazione sostenibile nei singoli materiali, un tema ‘caldo’ è sicuramente quello delle imbottiture, vista la molta richiesta (e ricerca) di alternative al poliuretano espanso, un materiale perfetto in termini di prestazioni e durabilità, ma che non è riciclabile. Alcune aziende stanno sperimentando fibre naturali come quelle di cocco o di legno, altre utilizzano schiume in materie plastiche monocomponenti. Va detto che molto lavoro è stato fatto anche sul processo produttivo del poliuretano stesso, agendo sul sistema e sulla chimica, riducendo di molto gli impatti.”
“Un altro ambito in cui ci sono diverse proposte innovative è quello poi dei pannelli sostitutivi dell’MDF. In questo settore osserviamo due principali tipologie di innovazione: la prima riguarda lo sviluppo di leganti diversi rispetto a quelli a base di urea-formaldeide, per una richiesta sia di riduzione delle emissioni in fase produttiva del pannello e in uso, sia di ottenimento del pannello 100% da fonte rinnovabile. Qui il semilavorato rimane tale e quale, ma cambiano le resine che lo compongono. La seconda modalità riguarda invece la creazione di pannelli completamente diversi, a partire da materie prime di scarto – e sulla quale tuttavia sarebbe opportuno aprire un ragionamento sulle eventuali emissioni di queste materie prime, che andrebbero misurate, ma anche sulla loro riciclabilità. Spesso chi produce materiali si preoccupa più delle materie prime in ingresso e meno di verificare che nel fine vita esistano filiere in grado di accogliere questi nuovi materiali - in questo senso un esempio interessante è costituito da pannelli che utilizzano come materia prima la carta riciclata, ottenuti solo tramite umidità e pressione senza utilizzo di leganti. C’è infine il tema della nobilitazione: i pannelli grezzi nell’impiego vanno nobilitati, e quindi o accoppiati a materiali diversi, spesso utilizzando colle sintetiche, o verniciati, andando a ‘complicare’ il materiale e a renderne più difficile la valutazione ambientale.”
I materiali e le imprese
Quello dei materiali sostenibili è dunque un racconto estremamente complesso ma “io sono sempre più attirata dagli approcci di sistema nonostante queste complessità”, continua Anna Pellizzari. “Negli ultimi anni abbiamo assistito a cambiamenti velocissimi e molto positivi a livello di cultura aziendale su questi temi. Le aziende con cui collaboriamo hanno solitamente un loro dipartimento R&D interno, ma una visione esterna è sempre utile soprattutto quando si vuole uscire dal proprio quotidiano. In certi casi, poi, l’innovazione arriva da altri settori e quello che serve è dunque un ponte, un interlocutore in grado di avere una visione ampia e laterale. Altre volte ancora invece, aziende molto esperte cercano nuovi fornitori, ma desiderano avvicinarsi a prospettive diverse ed è quindi più facile per loro dare in outsourcing la ricerca.”