Miart torna a far dialogare presente e passato
Dopo la pausa forzata, la fiera dell’arte moderna e contemporanea di Milano si svolge dal 17 al 19 settembre privilegiando l’incontro tra artisti di varie generazioni
Miart torna a Milano dal 17 al 19 settembre con un’edizione, la venticinquesima, che conferma l’identità della fiera basata sul dialogo tra arte moderna e contemporanea. La novità – oltre alla data autunnale, dovuta allo slittamento degli appuntamenti della scorsa primavera, proprio come Il Salone del Mobile.Milano – è la direzione artistica, che quest’anno è affidata a Nicola Ricciardi, già curatore delle OGR di Torino. Il nuovo direttore ha scelto la linea della continuità con i suoi predecessori, Alessandro Rabottini e Vincenzo de Bellis, che hanno dato un impulso fondamentale al rinnovamento della fiera. Ancora una volta, l’attenzione del pubblico e dei collezionisti viene indirizzata sui continui rimandi nella storia dell’arte del Novecento, con dialoghi intergenerazionali all’interno degli stand della fiera.
Una dialettica espressa anche nel design, per esempio, allo stand di Nilufar, che propone il binomio Martino Gamper e Gio Ponti. Al centro della presentazione una consolle realizzata da Gamper in occasione della performance del 2008 “Gio Ponti translated by Martino Gamper”, in cui il designer altoatesino ha distrutto e riassemblato pezzi di arredo disegnati da Ponti per l’Hotel Parco dei Principi di Sorrento, ma anche pezzi dei due designer a confronto: gli ironici pouf Wikatoria e i tappeti berberi di Gamper accanto a divani e poltrone imbottite mod. 803 di Ponti, lampade da terra, applique e tavolini tra cui quello proveniente dall’Hotel della Città et de la Ville di Forlì, realizzato per la Fondazione Garzanti.
A differenza degli anni scorsi, il design in questa edizione non avrà più una sezione dedicata come in passato, chiamata Object, forse complice anche il Covid che ha fatto calare il numero delle adesioni da parte dei galleristi. Ad ogni modo, il direttore ha scelto di evitare le distinzioni tra arte e design, mischiando le gallerie e valorizzando così l’offerta di quelle di design che, effettivamente, non godevano di una posizione privilegiata. "Una delle caratteristiche che distinguono miart rispetto ad altre fiere è la capacità di rispecchiare la storia della città in cui si svolge,” così ha spiegato la sua scelta Ricciardi, “e ovviamente la storia di Milano è strettamente intrecciata a quella del design. Per questo anche nel 2021 ospiteremo numerose eccellenze - locali e non - in questo campo. Non ho, tuttavia, particolare passione per le etichette, e ho trovato più stimolante lavorare con le gallerie affinché il design, piuttosto che essere compartimentato, venisse declinato attraverso tutte le differenti sezioni - da Contemporary a Masters, da Emergent a Generations - così da farne meglio emergere le sfumature, le diverse anime, le interconnessioni, l'evoluzione storica e stilistica. A guidarci sono stati quindi i singoli progetti e non una categorizzazione a priori."
Il design storico sarà presente allo stand della Galleria Gomiero, antiquari di Milano, che esporrà 40 arazzi di un’artista rimasta a lungo nell’ombra, Helga Ottolenghi Wedekind, che intorno al 1920 ha concepito un innovativo procedimento per la decorazione di arazzi, tappeti e tessuti per l’arredo con macchie d’inchiostro simmetriche che ricordano le “macchie di Rorschach”, utilizzate nella psicodiagnostica in quegli anni, e che ebbero grande successo nelle principali esposizioni di arti decorative dell’epoca. Anni ‘20 protagonisti anche allo stand della ED Gallery di Piacenza con “Il fascino dell’Art Dèco”, una mostra che racconta il gusto eclettico, mondano e internazionale che si è sviluppato nella società dopo la Prima guerra mondiale, la caduta degli ultimi miti ottocenteschi e l’affermazione della realtà industriale. Saranno esposte ceramiche, vetri, metalli e tessuti che rispecchiano il vigore della produzione artigianale e proto-industriale e la nascita del design Made in Italy.
Design contemporaneo, invece, al centro dello stand della Fondazione Officine Saffi, che presenta le opere di cinque ceramiste danesi di diverse generazioni, nate dal 1964 al 1995: Marie Herwald Hermann, Pernille Pontoppidan Pedersen, Turi Heisselberg Pedersen, Aya Simone Bækhøj Schmidt, Lone Skov Madsen. L’idea prende spunto dall’importante ruolo che le donne da sempre svolgono nella tradizione della ceramica in Danimarca, sin dal 1775, quando la regina Juliane Marie fondò la manifattura Royal Copenhagen e le ceramiste rappresentavano gran parte dello staff.
Ceramica anche da Rossella Colombari, che celebra 40 anni di attività di gallerista con una Wunderkammer in cui crea un altro dialogo intergenerazionale, questa volta tra le ceramiche degli anni ‘90 di Bruno Gambone, classe 1936, e le lampade e i disegni dello stilista Antonio Marras, classe 1961. A cavallo tra arte e design Andrea Sala allo stand di Schiavo Zoppelli con sculture recenti e disegni della serie “Balcone”. D’altro canto, le distinzioni tra le discipline appartengono al passato e la scelta di miart sembra cogliere nel segno.