Napoli Super Modern: un viaggio di architettura tra gli anni ‘30 e ‘60
Lo studio parigino Lan approfondisce la ricca storia urbanistica della città partenopea. Valore aggiunto la grafica, le immagini e il vissuto di uno dei suoi soci e co-fondatore, napoletano doc.
Napoli Super Modern è un libro che tutti dovrebbero avere, sul serio. È un libro che risponde perfettamente alle esigenze di un acquirente, del settore e non, che vuole indagare l’architettura moderna di una delle città più interessanti di tutta Italia. Il libro, curato dal noto studio di architettura Lan (Local Architecture Network) di Parigi, racconta anche quelle che sono le origini napoletane di Umberto Napolitano, socio e co-fondatore, che analizza e approfondisce la storia dell’architettura partenopea in chiave scientifica e allo stesso tempo personale.
Napoli Super Modern, pubblicato nel 2020 in inglese da Park Books e in italiano da Quodlibet, propone una lettura della complessa stratificazione architettonica e urbanistica del capoluogo partenopeo del periodo compreso tra gli anni ‘30 e ‘60 del Novecento. Interessante la scelta curatoriale di individuare un preciso taglio temporale, del tutto inedito. L’ipotesi di questa indagine collettiva coordinata da LAN (Local Architecture Network) è che si possa precisare una traccia latente nell’architettura napoletana e, specificamente, in quella d’epoca moderna: la rinuncia a definire modelli astratti e universali, unita alla capacità, se non addirittura alla necessità, di misurare il progetto con il contesto fisico, storico, sociale e paesaggistico.
Napoli Super Modern rilegge opere di architetti celebrate e pubblicate sistematicamente dalla storia e dalla critica, come il Palazzo delle Poste (Giuseppe Vaccaro e Gino Franzi) e Villa Oro (Luigi Cosenza e Bernard Rudofsky), insieme all’attività di architetti meno conosciuti a livello internazionale quali ad esempio quelle di Marcello Canino, Renato Avolio De Martino, Stefania Filo Speziale e quelle di autori non napoletani come Cesare Bazzani e Luigi Piccinato.
L’architetto Umberto Napolitano sceglie di spiegare l’approccio non convenzionale alla storia dell’architettura napoletana parlando in prima persona della propria esperienza universitaria e professionale. Come scrive in Genesis, il saggio che introduce il libro, già dal primo esame di progettazione presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Napolitano, allora giovane studente, entra in contatto con il maestro Marcello Canino grazie al suo professore Sergio Stenti. “All’epoca non mi sembrava niente di ambizioso e invece adesso, a distanza di molto tempo dal periodo universitario e con anni di insegnamento alle spalle, devo ammettere che non c’è niente di più educativo della dissezione ragionata dei grandi ‘classici". E continua così: “Ogni architetto ha il proprio archivio mentale, conscio o inconscio, quando devono pensare a uno spazio, a una parte di città, a una strada o a una scala. È un atlante fatto di aree geografiche tanto quanto di spazi, una sorta di collezione personale di luoghi – quelli in cui abbiamo vissuto e lavorato, quelli che abbiamo studiato, altri in cui ci sarebbe piaciuto andare, quelli che ci sono stati descritti e raccontati e altri a cui ancora non abbiamo dato una forma”.
Le fotografie, scattate da Cyrille Weiner, sono di una bellezza disarmante. Forse, in casi come questi, è necessario coinvolgere un fotografo internazionale, e non locale, per riscoprire la città attraverso una nuova narrazione delle sue strade e dei suoi edifici. Napoli è una città legata alla sua cultura e alle sue tradizioni, una lettura dello spazio urbano e architettonico da parte di un occhio esterno, quello del fotografo francese Cyrille Weiner, permette all’acquirente di osservare Napoli secondo un nuovo punto di vista. Utile e formativo, per qualsiasi età, è il materiale di ridisegno pubblicato nel libro che trovo sia davvero un’operazione da lodare.
La grafica è indubbiamente interessante e molto accattivante, cosa che reputo necessaria per i libri di architettura oggi, sia dal punto di vista commerciale (serve a vendere di più) sia perché oggi il libro è diventato più che mai una sorta di feticcio che, oltre a essere una fonte di cultura e documentazione, deve necessariamente (e in tutta sincerità) diventare anche un oggetto da collezione, quasi da esposizione. Il progetto è opera di Pupilla grafik, lo studio di graphic design fondato nel 2006 da Francesca Pellicciari con Valentina Bigaran. Con piacere si nota la stimabile scelta di coinvolgere nel progetto due figure femminili altamente qualificate, peccato poi che nell’elenco degli autori manchino completamente nomi di storiche o professioniste, ma sono presenti soltanto autori maschili. Tuttavia, ritengo sia interessante la scelta di coinvolgere per la stesura dei testi del libro due napoletani – l’architetto Gianluigi Freda e lo storico Andrea Maglio, oltre al già citato curatore del volume Umberto Napolitano – e il critico Manuel Orazi, marchigiano ma visceralmente legato alla cultura architettonica partenopea. La lettura dei testi permette al consumatore di avere un quadro immediato di quella che è la stratificazione politica, culturale, urbanistica e architettonica di una città ricca di contraddizioni e tensioni interne.
Titolo: Napoli Super Modern
A cura di LAN. Local Architecture Network (Benoit Jallon e Umberto Napolitano)
Fotografie: Cyrille Weiner
Casa editrice: Quodlibet
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 232