Orhan Niksic racconta Zanat e la sostenibilità a 360°
L’artigianalità e l’amore per il legno, ma anche competenze ingegneristiche di alto livello per oggetti destinati a durare. L’impatto ambientale, l’attenzione verso la comunità e il patrimonio culturale: l’intervista a Orhan Niksic, Ceo e fondatore del brand bosniaco nato nel 2015
Abbiamo partecipato alla nostra prima fiera dopo un lungo periodo post pandemico, dopo un anno e mezzo di stop. Eravamo ben contenti di essere al Salone del Mobile. Abbiamo presentato prodotti su cui abbiamo lavorato tanto, con due collaborazioni d’eccezione: Michele De Lucchi e Patrick Norguet.
Con Michele De Lucchi e il suo team dell’AMDL abbiamo lavorato su un nuovo pezzo interessante che non è né un mobile né un pezzo da interior decoration. È un elemento artistico creato meticolosamente: un piatto scultoreo chiamato “Dom”, in versione limitata, 100 pezzi in tre versioni differenti e tre diverse taglie.
Abbiamo incontrato l’architetto nel suo studio nell’ottobre 2019, ci siamo visti per una potenziale collaborazione da fare insieme, visto il suo incredibile lavoro. È stato un momento molto emozionante, bellissimo sapere che condivide con Zanat la forte passione per il legno e per l’artigianato. Eravamo molto contenti anche perché ha capito il nostro brand, quello che abbiamo da raccontare, la nostra natura e l’amore per i materiali. Non dimenticherò mai le sue parole ma anche quello che ha realizzato: ha disegnato l’inaspettato.
Ci ha incoraggiati, ci ha confessato che stavamo facendo qualcosa di eroico. Per noi, come azienda e come brand, è stato qualcosa di davvero importante.
La collaborazione con lui è iniziata lo scorso anno, durante la pandemia. Il nostro primo incontro è stato virtuale, anche se solitamente i designer vengono da noi a visitare l’azienda, anche per capire come funziona la nostra produzione, i nostri metodi, e la storia che abbiamo da raccontare. Con Norguet abbiamo realizzato una panca scultorea chiamata Morpho, nata dallo studio morfologico del tronco di un albero poi lavorato dalle mani dei nostri artigiani e trasformato in una scultura funzionale.
Quando abbiamo lanciato il nostro brand, nel 2015, nonostante raccontiamo una storia del fare quasi centenaria, volevamo integrare la nostra passione, la conoscenza e le idee nella visione del brand. C’era già un gran parlare di sostenibilità, ho lavorato per anni come development economist e vedevo che le aziende guardavano molto all’essere sostenibili, più all’etichetta che alla sostanza. Ma essere sostenibili significa molto di più, riguarda l’impatto sull’ambiente, sulle persone e sui nostri 60 dipendenti, sulla comunità e sul patrimonio culturale.
Eravamo un team di persone con un background in sviluppo sostenibile, giustizia e soccorso sociale, architettura. Tra le altre cose, condividevamo tutti la passione per il design e per la lavorazione del legno. Sognavamo un brand che mettesse la stessa attenzione nel design e nella realizzazione dei nostri prodotti, e su altri aspetti del business che avessero come scopo quello di migliorare le case dei clienti, provando a migliorare anche il mondo. Chiamiamo questa pratica “Sostenibilità Universale”, perché miriamo all'efficacia di ogni azione che intraprendiamo come azienda.
Vogliamo preservare, proteggere e promuovere l’artigianalità, ne abbiamo parlato anche con De Lucchi. L’intenzione è quella di rimanere connessi con la tradizione, con i materiali lavorati a mano, sposando anche l’alta tecnologia. Di fatto vogliamo creare prodotti senza tempo, centenari. La longevità dei prodotti è un aspetto davvero essenziale, fa in modo che si crei una sorta di memoria negli oggetti da tramandare di generazione in generazione, dove depositare emozioni attraverso il legno e i materiali che provengono dalla natura.