Quel fuoco d’artificio di Joe Colombo
Nel catalogo appena pubblicato da SilvanaEditoriale, Ignazia Favata ricostruisce l’opera e la personalità del celebre designer che ha predetto il futuro.
«Parlava pochissimo e disegnava moltissimo», scrive Ignazia Favata, allieva, assistente e storica collaboratrice di Joe Colombo, nel catalogo ragionato, fresco di stampa (febbraio 2021), che raccoglie tutte le opere disegnate, prodotte e progettate dal designer e dallo studio tra il 1962 e il 2020. Così, in poche e semplici parole, ne descrive l’entusiasmante personalità, riassumendola in una frase dall’infinito potenziale espressivo.
Joe Colombo, leggendaria figura del design del ventesimo secolo, morto a soli 41 anni nel giorno del suo compleanno (30 luglio 1971), era un personaggio poliedrico, le cui sfaccettature culturali sono rintracciabili in tutta la sua produzione, unica, futuristica e lontana da ogni schema accademico. Musicista e amante del jazz, da giovanissimo suonava il sassofono al Club Santa Tecla di Milano e dipingeva con Baj e Dangelo nel Movimento Nucleare. Appassionato di montagna e di sci, tanto da diventarne anche maestro, Joe Colombo è stato uno dei designer che ha portato a una radicale revisione della disciplina con l’introduzione di nuovi materiali e nuovi modi di pensare lo spazio dell’abitare.
Il catalogo esplora a tutto tondo il lavoro ma soprattutto il personaggio, raccontato dall’architetta Favata con tono formale e adatto a un manuale di architettura, pur lasciando affiorare, tra le righe, l’affetto e la stima che la legava a Colombo, definito nel volume «una specie di fuoco d’artificio».
Avanguardista nella vita e nella professione, Colombo ha iniziato a sperimentare con i nuovi materiali plastici già nel 1959, quando, dopo la morte del padre Giuseppe, ne ha ereditato l’azienda di apparecchiature elettriche, per continuare subito dopo a riflettere su come conciliare la propria formazione artistica e architettonica con il mondo dell’industria. È stato il primo a intuire le potenzialità di fiberglass, ABS, polietilene, PVC, metacrilati nel campo del design: i suoi prodotti, dopo una prima fase in cui rincorrevano una “forma inconscia”, venivano pensati e “sposati” al materiale prescelto.
Ogni suo progetto — dall’oggetto all’allestimento di negozi e stand — doveva corrispondere a quattro criteri: funzionalità, dinamicità, trasformazione e mobilità. Tra il 1963 e il 1965, alla ricerca tra forma e funzione, ha aggiunto la sua passione per la meccanica. Come scrive l’autrice, una tra le prerogative più significative del processo progettuale di Joe Colombo era trovare più soluzioni per lo stesso problema. Si presentava da ogni cliente con diverse proposte per decidere le successive elaborazioni, «in sostanza, da progetto nasceva progetto».
Il suo metodo, che apparentemente poteva sembrare pura improvvisazione, era, al contrario, una sintesi molto rapida della sua sapienza formale, funzionale e tecnica. «Lui parlava disegnando — scrive Ignazia Favata — […] disegnava su qualunque superficie, sui muri dei laboratori, sui mobili in allestimento e sulle pareti dei cantieri».
L’iter progettuale e tutta la sua produzione vengono brillantemente riassunti e catalogati dall’autrice in tre macro-gruppi fondamentali: gli oggetti e gli apparecchi; i sistemi e le serie; i monoblocchi polifunzionali. Le dettagliate schede che spiegano ogni progetto sono accompagnate da una documentazione fotografica e di schizzi e materiali d’archivio provenienti dallo studio.
Nella categoria “oggetti” rientrano tutti i pezzi unici o prodotti in serie disegnati da Joe Colombo come la lampada Acrilica (1962), suo primo oggetto di design realizzato con il fratello Gianni e ottenuto dallo studio dell’applicazione del metacrilato nella diffusione della luce, e la poltrona Elda (1963), nata dalla trasformazione di uno stampo per barche in fiberglass; ma anche la Minilamp, lampada da terra da 50 watt e la torre-faro Calice per illuminazione stradale prodotta da Pollice.
In “sistemi” ritroviamo quei progetti formati da elementi componibili da assemblare in modo diverso in base alle esigenze come il Combi Center, il Triangular Container System e i Mobili Coordinati B, il Sistema Programmabile per abitare T14, esposto alla XIV Triennale di Milano, e la poltrona Additional System, oltre al System Chair, uno stravagante sistema per comporre poltrone, divani e lettini relax, inedito.
Infine, i famosi “monoblocchi” funzionali, che erano il risultato di un processo di radicale rivisitazione del concetto di rapporto tra uomo e oggetto, da cui nasceva un nuovo modo d’abitare che presupponeva lo svincolo totale delle attrezzature d’arredo dall’ambiente in cui erano inserite. Così, la Minikitchen diventava la macchina per la preparazione dei cibi, il Totem da ingresso era un oggetto che fungeva da specchio, lampada, portaombrelli e molto altro, il Letto Spaziale era circondato da torri attrezzate con telefono, luce, radio, portacenere e così via.
Come scrive Domitilla Dardi nel saggio “Back to the Future” pubblicato nel catalogo, «la sua non è una ricerca della gute Form, ma un’indagine sui dispositivi che rendono fruibile lo spazio abitabile».
Titolo: Joe Colombo Designer. Catalogo ragionato 1962-2020
A cura di: Ignazia Favata
Casa editrice: Silvana Editoriale
Anno di pubblicazione: 2021
Pagine: 394
Lingua: italiano e inglese