Riedizioni: il fascino del passato rimesso a nuovo
Il design senza tempo riscoperto dalle aziende nei loro archivi sta alimentando una new wave di riedizioni – e spesso finiscono per essere i prodotti più performanti sul mercato.
A volte aspettano solo di essere riscoperti. I pezzi d’arredo dei grandi autori del Novecento, per un certo periodo dimenticati negli archivi delle aziende, diventano sempre più oggetti del desiderio: hanno una storia, hanno degli ammiratori e hanno anche un mercato. Va da sé che molti brand decidano di puntare sull’heritage rilanciando il design storico tra le loro principali novità. Naturalmente conta il setaccio, ma anche il “montaggio”. Le riedizioni possono essere filologiche o ravvivate da un accento contemporaneo, per esempio nella scelta dei colori e dei materiali, così da aggiornare le icone alle esigenze di gusto – ma soprattutto di performance e di sostenibilità del presente.
Lorenzo Butti, art director e fondatore del Lake Como Design Festival, ha incluso, non a caso, nell’ultima rassegna sul lago una mostra dedicata al tema delle riedizioni, ambientata nell’incantevole e inedita cornice di Palazzo Mantero. “Da una mezza dozzina d’anni le aziende trovano che rieditare i pezzi consolidati sia un processo più redditizio” dice Butti. “Ma è anche una maniera per mantenere viva una cultura, quella del design italiano del secolo scorso, che rappresenta un momento creativo irripetibile”.
Sono oggetti radicati nell’immaginario collettivo quando non nel vissuto personale, e per questo più identitari e rassicuranti (cosa non da poco in tempi di crisi). Parlano di valori che il tempo non ha scalfito. E poi come diceva lo storico giornalista Mario Missiroli non c’è niente di più inedito dell’edito. Evidentemente, vale anche per i mobili.
Ecco alcune riedizioni di grandi autori, rinvenute dai cassetti della storia.
La sedia Pigreco di Tobia Scarpa
Tobia Scarpa presentò la Pigreco nel 1959 come progetto di laurea all’Università di Venezia. Voleva conferire “senso dello spazio” e dinamica a un oggetto naturalmente statico e il suo fascino risiede proprio nella soluzione costruttiva: le due gambe ravvicinate sul retro – che conferiscono leggerezza senza togliere stabilità – e la curvatura che poggia sulla struttura portante, in un perfetto equilibrio tra pieni e vuoti. Oggi è stata rieditata da Tacchini con la supervisione dell’architetto perché come dice Giusi Tacchini, CEO e seconda generazione dell’azienda, “il gusto si evolve nel tempo, ma ci sono tendenze che attingono all’immortalità di certe linee”.
La libreria Cartesio di Aldo Rossi
È uno dei quattro arredi di Aldo Rossi, il primo italiano a vincere il Premio Pritzker, riportati alla luce da UniFor nell’ambito del progetto ArchivioUniFor: una serie di riedizioni, sotto la direzione creativa di Studio Klass, tratte dall’archivio storico e dai disegni originali dei maestri che hanno collaborato con l’azienda, specializzata in mobili per l’ambiente-ufficio. La libreria Cartesio ha una storia particolare, dal momento che era stata disegnata in origine per il museo Bonnefanten di Maastricht progettato dall’architetto nel 1991 e inaugurato quattro anni più tardi sulla riva orientale del fiume Mosa. È un piccolo concentrato del segno “rossiano”, e riprende gli stilemi tipici delle sue facciate cadenzate da finestre quadrate con croce centrale.
La cassettiera Storet di Nanda Vigo
“Complimenti Nanda!” scriveva nel 1994 Lodovico Acerbis, entusiasta del successo della cassettiera Storet. Semplice nella sua struttura verticale ma trasgressivo nell’accentuata bombatura dei cassetti, il progetto di Nanda Vigo reinterpretava in maniera non convenzionale i classici della zona notte. Ora Francesco Meda e David Lopez Quincoces – nuovi creative director di Acerbis – passando in rassegna gli archivi sono rimasti colpiti da un oggetto “così forte a livello estetico, con grandi tecnicismi al suo interno e grande funzionalità” e hanno voluto reintrodurlo in catalogo con nuove ricercate combinazioni di legno naturale e lacche. È stata inoltre messa in produzione per la prima volta la versione più bassa, il comodino a quattro cassetti, pensata già all’epoca dalla visionaria designer milanese.
Il tavolino Arabesco di Carlo Mollino
Caratterizzato dall’equilibrio tra le sagome sinuose e intagliate della struttura e la trasparenza dei piani, il tavolino Arabesco, datato 1949, è parte della collezione CM: rivisitazione filologica che Zanotta ha fatto dei materiali dall’archivio Mollino (da cui sono stati ricavati otto oggetti per lo spazio domestico). Più che di una riedizione si tratta di un omaggio, poiché l’eclettico architetto, fotografo, “Renaissance man” novecentesco non progettava per la produzione in serie e i bozzetti rinvenuti non sono strumenti esecutivi. Ma Aurelio Zanotta già nel 1981 aveva deciso di riprodurre la sua sedia alpina Fenis, catturando in un oggetto industriale il linguaggio sui generis del maestro.