“supersalone”, ritorno all’essenziale
La fiera inedita in corso in questi giorni ha spinto le aziende a ripensare il modo in cui tradizionalmente si presentavano all’appuntamento. Selezione dei pezzi, grande attenzione al prodotto, rapporto diretto con il pubblico hanno caratterizzato l’approccio. Lasciando un po’ di spazio anche al sogno
La formula inedita del “supersalone” ha spinto le aziende a uno sforzo di sintesi forse mai sperimentato prima, che ha messo in luce scelte e tendenze già in atto sotto la spinta della pandemia. L’allestimento curato dall’architetto Andrea Caputo ha concesso ai diversi marchi uno spazio soprattutto lineare, con tre metri di profondità per ogni marchio. Una condizione ben diversa dal gigantismo scenografico degli anni passati, con stand come piccoli universi abitati, magari a più piani.
Lo spazio ridotto è uno dei fattori che ha fatto la differenza (molti brand hanno sfruttato a pieno gli showroom in centro a Milano per eventi e presentazioni), insieme alla possibilità, per i visitatori, di comprare direttamente oggetti in fiera: un’altra novità. Il risultato? Un’attenta selezione dei pezzi in mostra. Accesso vietato ai prototipi. Impossibile seguire ancora il vecchio paradigma: va bene, facciamolo, portiamolo in fiera e poi vediamo come va. Al “supersalone” arriva solo ciò che è maturo, ha superato il vaglio finale. Un percorso influenzato anche dalla pandemia: con il Salone 2020 saltato completamente è stata tolta la tradizionale vetrina all’annuale ondata di nuovi prodotti. Molti dei quali, non sono mai stati presentati.
Capita così che aziende come Magis e Moroso puntino su un pezzo che già avevamo visto fare capolino nello sterminato spazio tridimensionale (da riempire?) degli stand di qualche anno fa. Nell’asciutta linearità del “supersalone”, Magis presenta un sistema di divani componibili, Costume, disegnato da Stefan Diez. Un pezzo da toccare e da smontare, come mostra il video di accompagnamento, visto che il suo approccio è proprio quello di soddisfare i criteri di un’economia circolare in cui ogni elemento va riciclato.
Moroso invece porta in dote la libreria Secret Cubic Shelves di Olafur Eliasson, progetto nato dall’installazione dell’artista Green Light alla Biennale di Venezia nel 2017. In questa nuova edizione, il prodotto è realizzato completamente in ferro (riciclato e riciclabile) e minor impatto ambientale possibile.
Abituati ai giardini delle meraviglie degli stand degli scorsi anni, in cui perdersi mollemente adagiati su qualche imbottito comodissimo, è un bel salto nella realtà. Una scelta non tanto minimalista, ma pragmatica. Tra l’altro la scelta dei pezzi, almeno nel caso di Magis e Moroso, è perfettamente in linea con i principi di sostenibilità dell’intera manifestazione. Quindi anche qui lo spostamento dell’interesse va dal “mai visto prima” al “coerente”. Una prova di maturità, forse frutto dei tempi, che sgancia il design, questo design, da una durata stagionale spesso auto-imposta (con la complicità dei media).
Liberi dalla furia di dover presentare qualcosa di nuovo a tutti i costi, i marchi continuano sulla strada delle proposte coerenti con il proprio percorso, le proprie esigenze, il proprio pubblico. È un design che corre meno, ma che ha avuto tempo di organizzarsi, di pensare.
Pedrali mette in ordine i suoi pezzi in linea con le esigenze della vita post-pandemica, a partire dalle soluzioni di home-office (come il pannello divisorio fonoassorbente Toa Folding Screen di Robin Rizzini) nell’allestimento di Calvi Brambilla.