Una visione del futuro
Come collaborano i giovani designer in Gran Bretagna nel 2021? Condividiamo le storie della nuova generazione di creativi per farci un’idea di come sono cambiate le cose nell’ultimo anno. Questo cambio di passo ha innescato movimenti positivi per la scena del design?
I primi anni di carriera nel panorama del design britannico possono essere riassunti più o meno così: tanto duro lavoro, tanto studio e tanta attività di networking a eventi e mostre. Ma come appare lo scenario inglese nel periodo post-lockdown? Con la concorrenza agguerrita che domina il settore, come si fa a far emergere il proprio lavoro e come è cambiata la progettazione per la nuova generazione di talenti nel Regno Unito?
Mac Collins ha rivoluzionato il proprio approccio al design, che finora lo aveva visto progettare e realizzare da solo i propri prodotti in legno. “Non ho fatto praticamente niente in quel periodo,” rivela Collins in videochiamata, parlando della sua esperienza durante il lockdown. Non avendo accesso ai macchinari dei laboratori della Northumbria University dove si è laureato nel 2018 e dove vive tuttora, si è aperto agli altri, facendoli entrare a far parte del proprio processo creativo – il 2020 è stato l’anno che ha segnato l’inizio della prima collaborazione di Collins con diverse aziende. Un progetto con l’American Hardwood Export Council (AHEC) e con la rivista Wallpaper* in particolare, intitolato Discovered (https://discovered.global/about/), ha offerto a Collins una piattaforma per progettare qualcosa di riflessivo e rappresentativo dell’anno scorso, mentre altri lo hanno incoraggiato ad allargare i propri orizzonti, ad esempio impiegando software di modellazione 3D. Collins afferma anche di aver avuto un mentore con il quale scambiare idee e opinioni durante il progetto “Discovered”, un’altra prima volta per il giovane designer sempre nel corso dello stesso anno – “Ti sostengono e ti fanno riflettere su cose che non avevi neanche considerato, quindi non mi sono sentito come se stessi progettando in isolamento”.
E’ inutile dire che oggi ci troviamo tutti a combattere con gli eventi virtuali, ma è proprio grazie a questa nuova forma di comunicazione che Collins ha sviluppato il suo database di contatti e ha acquisito visibilità. “Credo di essere riuscito a costruire un network migliore di quanto avrei potuto fare senza la pandemia, stranamente”. Non abitando a Londra, infatti, prima aveva poche possibilità di partecipare a tutti gli eventi, mentre da quando si è spostato tutto online, “Potevo starmene seduto qui a Newcastle e partecipare comunque a quelle discussioni che di solito sono riservate principalmente alla community londinese, quindi mi sono sentito meno isolato in questo senso”. Il giovane talento pone poi l’accento sulle sessioni digitali con Design Dialogue (https://www.designdialogue.uk/) – un forum per la condivisione di idee e informazioni.
Gli eventi dell’anno scorso hanno aiutato la community del design britannica ad essere meno incentrata su Londra? “Le persone danno per scontato che tu sia lì,” racconta Collins sul significato di vivere fuori dalla ristretta “bolla” della capitale. Polo creativo del Regno Unito, Londra continua ad attirare designer da tutto il Paese, ma lui resta fermo sulle proprie convinzioni – dopo la specializzazione al New Art Exchange nella sua città natale di Nottingham, uno spazio che promuove l’eccellenza nelle arti contemporanee all’insegna della diversità culturale attraverso mostre, eventi e iniziative – infatti, Collins intende stabilirsi a Newcastle per un po’. La scena del design di Nottingham e quella di Newcastle sono ancora in via di sviluppo, e Collins ne ha una visione romantica, dove tante diverse città del Regno Unito si fanno spazio nel panorama del design globale. Forse il boom del concetto di localismo ha portato l’industria del design inglese ad allargare le proprie vedute in Gran Bretagna, puntando i riflettori anche su luoghi inaspettati ed incoraggiando iniziative volte a trattenere i creativi, soluzioni che anche secondo Collins attualmente mancano.
Con l’interruzione di mostre e viaggi nel 2020, siamo stati costretti a trovare l’energia creativa tra le quattro mura domestiche. Quindi come ha fatto Collins a mantenere la propria ispirazione in questo periodo? “Sono tornato ai libri,” si sporge verso una mensola e mi mostra Wooden Dreams East African Headrests di Eduardo Moreno, che esplora l’oggetto pratico come opera d’arte, ed il libro Feelings: Soft Art, un titolo che ha fatto riflettere Collins sulle sensazioni che i suoi prodotti stimolano nelle persone. Nonostante questa auspicabile tendenza verso un consumo più “slow”, l’affollato ecosistema di Instagram ha contribuito a far conoscere il lavoro di Collins, con un conseguente aumento di commissioni – “Non avevo mai considerato Instagram come uno strumento per uso professionale fino all’anno scorso”.
Un paio di soddisfacenti messaggi diretti dopo, dall’isolamento di Collins nasce infine una positiva consapevolezza di sé: “Non sono bravo a fare proprio tutto da solo”. Non solo Collins è ora più aperto che mai alle collaborazioni, ma ha anche cominciato a sperimentare con altri materiali, progettando tappeti per l’azienda Floor_Story nell’East London, e facendo i primi tentativi con la tecnica del vetro colato, “Forse a un certo punto dovrò pubblicare qualcosa su Instagram”. Per vedere cosa ne pensano i fan, ovviamente.