Unknown Unknowns: la Triennale si apre allo spazio sconosciuto
Inaugura domani la 23esima esposizione internazionale di Triennale Milano, il cui tema allarga lo sguardo su quello che ancora non sappiamo di non sapere ed esplora territori di frontiera, come il design per lo spazio e la vita su altri pianeti
Il Salone del Mobile.Milano è anche quest’anno, in particolare per la 23a Esposizione Internazionale, tra i sostenitori di Triennale Milano, istituzione-chiave nel diffondere a livello globale la cultura del progetto, e nello specifico di design e architettura. Con Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries, la Triennale si conferma quale luogo di incontro privilegiato, che coniuga storia e attualità, e motore propulsivo culturale con un ampio sguardo sul futuro.
La gravità è il più grande designer – per citare le parole della curatrice Ersilia Vaudo Scarpetta, astrofisica e chief diversity officer dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) – che influisce in modo determinante sulla nostra vita e sui comportamenti che assumiamo muovendoci nello spazio. La mostra tematica Unknown Uknowns. An Introduction to Mysteries presenta oltre cento opere, installazioni e progetti di artisti, architetti, fisici e ricercatori che si confrontano con l’ignoto, un’occasione di stupore di fronte alla vastità che ci sfugge.
Tra i progetti esposti, gli oggetti spaziali disegnati per vivere in modo confortevole e sostenibile in ambienti extra-terrestri, a gravità ridotta, realizzati da un gruppo di giovani designer all’interno del progetto di studio e di ricerca Space4InspirAction creato e condotto da Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro al Politecnico di Milano.
Progettare per lo spazio significa ricominciare da capo, vivere in un altro corpo e in un ambiente sconosciuto, che non fa parte della nostra esperienza di tutti i giorni, dove il confinamento e la gravità ridotta incidono in modo determinante sul modo di percepire e reagire ai nuovi stimoli esterni. Nello spazio sperimentiamo disorientamento e trasfigurazione spaziale: la geometria della gravità che cambia disegna uno spostamento cognitivo, posturale e spaziale, mentre il corpo subisce forti alterazioni fisiche, fisiologiche, e sensoriali.
La transizione che porta gli astronauti dalla terra a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) fa saltare i pre-set cognitivi terrestri e si creano nuove cinestesie e gestualità: non c’è più un alto e un basso, una destra e una sinistra, se non per convenzione; la sensazione di non avere peso e poter galleggiare e roteare con facilità altera la percezione di sé e dello spazio circostante; la deprivazione sensoriale in ambiente chiuso e confinato - senza luce naturale e tutti gli stimoli terrestri come l’aria, il vento, il contatto con la terra, il fruscio delle foglie - influisce sulla percezione dello spazio e del tempo, mentre la microgravità incide su forma, postura e funzionamento del corpo. Nasce un nuovo corpo, più sensibile e più libero dal vincolo della gravità, che inizierà a mutare in relazione all’ambiente sconosciuto e si adatterà a una nuova propriocezione ricalibrando tutte le forze e i movimenti.
Progettare per lo spazio richiede una grande capacità di previsione d’uso per immaginare come si comporterà un oggetto nello spazio, come verrà usato, e in che modo si relazionerà con l’ambiente circostante. Questo significa che il design incide in modo determinante nella creazione di nuove gestualità e comportamenti (degli esseri umani e degli oggetti animati) in un ambiente sconosciuto (lo spazio cosmico) che vengono alterati dall’assenza di gravità.
Le opere esposte fanno parte di un progetto più ampio di ricerca e progettazione svolto da Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro al Dipartimento di Design del Politecnico di Milano che dal 2017 hanno dato origine al primo e unico corso di design spaziale, Space4InspirAction, supportato dall’Agenzia Spaziale Europea, all’interno della Laurea Magistrale in Integrated Product Design della Scuola del Design.
La loro esperienza di progettazione più che ventennale in un campo finora sconosciuto come lo spazio li ha portati a definire una nuova metodologia Use and Gesture Design (UGD) che si basa sulla progettazione simultanea di ambienti, oggetti e gesti trasformando la microgravità da un limite a un vantaggio.
Tra gli esempi di una progettazione spaziale in cui il design ha un ruolo centrale e strategico c’è Emo Space, un avveniristico oggetto che cuoce il cibo shakerando gli ingredienti contenuti all’interno, grazie al movimento agevolato dall’assenza di peso; Exerity, un attrezzo per fare fitness in microgravità che sfrutta l’estrema libertà delle posture assunte dal corpo con impugnature adattabili sia per mani che per piedi. Pare si ispira al gesto dello sbucciare la frutta che ci riporta sulla terra mentre gustiamo un frutto spaziale realizzato con un packaging edibile per eliminare gli scarti.
Rethinking Eating si compone di diversi elementi: solidi di pasta strutturale stampata in 3d che contengono all’interno salse proteiche ricche di sostanze nutritive, e tools che prendono forma dialogando con le sostanze solide e i liquidi in microgravità, per offrire ai turisti spaziali una straordinaria esperienza degustativa di cibo e vino all’interno di un hotel spaziale dedicato al benessere. Mentre Send Sens permette di ricreare la sensazione aptica attraverso un dispositivo indossato a terra e nello spazio da due persone che si possono scambiare carezze e abbracci, anche se molto distanti.