Architettura Organica: dai 6 punti di Wright alle sue 1000 interpretazioni
Nel Novecento, l’organicismo in architettura organica si pone come alternativa al funzionalismo moderno, concependo il progetto in dialogo con l’ambiente naturale
Oggi esistono molte interpretazioni sulla natura, le caratteristiche e le qualità dell’Architettura Organica. Ma per parlare di questo movimento architettonico non possiamo che iniziare menzionando l’architetto statunitense Frank Lloyd Wright, che ha dedicato la sua carriera per definire e ridefinire il concetto di organicismo in architettura. Si tratta dell’approccio che rendeva unica la sua produzione, che è stata capace di rispondere alle nuove sfide della modernità, del progresso tecnologico e del cambiamento sociale, mantenendo un dialogo coerente con la natura.
Oltre che praticamente con i suoi edifici, Wright teorizza il concetto di Architettura Organica con la scrittura. Celebri sono due suoi saggi pubblicati nel 1908 e nel 1914 dalla rivista Architectural Record: “Il senso dell'organico è indispensabile per un architetto. (…) La conoscenza delle relazioni tra forma e funzione è alla base della sua pratica; in quale altro luogo può trovare lezioni pertinenti sugli oggetti come quelle offerte facilmente dalla natura?”, scrive Wright nel suo primo saggio. “Per architettura organica intendo un’architettura che si sviluppa dall’interno verso l'esterno in armonia con le condizioni esistenti, distinguendola da un’architettura applicata dall’esterno”, continua nella seconda parte del suo testo argomentativo.
Architettura Organica: i sei principi illustrati da Frank Lloyd Wright
1) Semplicità e quiete sono qualità che misurano il vero valore di qualsiasi opera. Wright intuì la necessità di semplificare la progettazione delle strutture, riducendo il numero di stanze distinte e ripensandole come spazi aperti, compresi quelli da contenere in una singola stanza. Le finestre e le porte diventano parte dell’ornamento di una struttura, e anche gli arredi sono parte dell'insieme strutturale;
2) Lo stile unico di un edificio dovrebbe rispondere alla personalità unica dell'individuo per cui è progettato;
3) Un edificio dovrebbe apparire come se crescesse spontaneamente nel suo contesto, ed essere modellato come se fosse stato creato dalla natura e dal paesaggio;
4) I colori richiedono lo stesso grado di convivenza con le forme naturali, per cui è opportuno utilizzare i boschi e i campi per gli schemi cromatici;
5) Fate emergere la natura dei materiali, lasciate che la loro natura entri intimamente nel vostro progetto;
6) Gli edifici devono essere sinceri, veri, gentili, amorevoli e pieni di integrità.
Esempi di Architettura Organica
Questa visione ha preso forma attraverso alcuni progetti iconici, tra cui il Johnson Wax Administration Building e la Kaufmann House, conosciuta anche come “Casa sulla cascata”: un edificio che si sovrappone a una piccola cascata formata dal torrente Bear Run. Qui il dialogo con la natura non ha eguali nell’architettura del Novecento: questo edificio è senza dubbio l’esempio più virtuoso (e forse il più estremo) di architettura organica.
Il pensiero e l’opera di Wright superano una concezione stretta del pensiero modernista, radicalmente funzionalista. La casa non è una macchina da abitare, ma un organismo che dialoga con la vita di esseri umani e non-umani, con chi la abita e con il contesto naturale.
I suoi precetti poi sono stati adottati, reinterpretati e aggiornati da un gran numero di progettisti, lungo tutto l’arco del Novecento e ancora oggi. Tra gli architetti appartenenti al filone dell’architettura troviamo Bruce Goff, seguace diretto di Wright. Tra le sue opere principali c’è la Bavinger House, un edificio dalle forme eccentriche e caratterizzato da una grande maestria nell’uso inconsueto dei materiali: l’abitazione è stata costruita usando un albero di noce colpito da un fulmine e trovato sul posto, un autocarro, pezzi di produzione navale e aeronautica, frammenti di roccia…
L'Architettura Organica in Italia
In Italia, il verbo dell’Architettura Organica è stato portato principalmente dallo storico e critico Bruno Zevi, che dopo diversi anni vissuti negli Stati Uniti, torna in Italia nel 1944, portando una nuova visione di architettura. L’anno successivo fonda l’Associazione per l’Architettura Organica A.P.A.O. insieme a varie figure di spicco, tra cui Mario Ridolfi e Pier Luigi Nervi. Zevi è anche autore del fondamentale libro libro Verso un’Architettura Organica.
L’elenco degli interpreti dell’organicismo in architettura è lungo e difficilmente si può essere esaustivi. Tra i tanti troviamo Alvar Aalto, che interpreta una tradizione specificamente finlandese per disegnare edifici sempre in dialogo con l’ambiente circostante; Jørn Utzon, architetto danese autore della celeberrima Sydney Opera House; Paolo Soleri, che negli anni Sessanta teorizza l’Arcologia, unione delle parole “architettura” ed “ecologia”, Hans Scharoun, l’architetto della Philharmonie di Berlino; Giovanni Michelucci, conosciuto (anche) per la Chiesa di San Giovanni Battista a Campi Bisenzio…
La varietà di approcci, progetti e percorsi dimostra che l’Architettura Organica non è mai stata uno stile definito o un gruppo chiuso di progettisti. Le Proposizioni di Wright non erano “I cinque punti dell'architettura” di Le Corbusier, cioè indicazioni da seguire dogmaticamente. L’architettura organica è piuttosto un orizzonte progettuale ampio, un’attitudine da adattare ai luoghi, alla cultura e alla sensibilità dei progettisti.