Focus on Vudafieri Saverino Partners
I due architetti milanesi Tiziano Vudafieri e Claudio Saverino – soci dello studio che porta i loro cognomi, diviso tra la sede italiana e quella cinese – si raccontano in un’intervista doppia che rivela profondi riferimenti culturali e sogni naturalistici, in (solo apparente) contrasto con i loro progetti, tra ristoranti esclusivi e hotel glamour nei centri delle metropoli più alla moda del mondo.
Nome: Tiziano Vudafieri e Claudio Saverino
Dove lavorate? A Milano, nel quartiere di Porta Venezia, e dal 2012 abbiamo una sede anche a Shanghai.
Il vostro account su instagram: @vudafierisaverinopartners
Di che cosa si occupa il vostro studio? Architettura, design d’interni, retail, hotellerie e ristorazione, associando la cultura architettonica alla sensibilità al vivere contemporaneo.
Dove avete studiato?
TV: Alla facoltà di Architettura di Venezia, alla scuola di Aldo Rossi.
CS: Al Politecnico di Milano sotto la guida di Achille Castiglioni e poi all’Università La Cambre di Bruxelles.
Il progetto che state seguendo in questo momento:
TV: Dal lato food stiamo nuovamente collaborando con lo chef stellato francese Gagnaire per una importante apertura ad Abu Dhabi.
CS: Dal lato hotellerie invece stiamo realizzando diversi progetti, due a Cortina e uno a Licata, in Sicilia, per il gruppo Falkensteiner.
Il progetto che sognate un giorno di realizzare:
TV: Ho sempre bisogno di un committente, dello scambio e mi piacerebbe fare un progetto per uno degli artisti che amo, magari con pochi mezzi, ma con una grande profondità di pensiero.
CS: Un'architettura non strettamente funzionale, una seconda casa, una chiesa, un centro di osservazione, insomma un oggetto architettonico poco vincolato da esigenze utilitaristiche e più libero sul piano formale ed espressivo.
Il progetto di altri che più vi ha influenzato:
TV: Il Centre Pompidou di Renzo Piano, che secondo me è la più grande architettura del ventesimo secolo.
CS: La Casa comune di Shin Takasuga (Railway Sleeper House), realizzata in Giappone negli anni Settanta.
Un elemento che non può mancare in ogni vostro progetto:
TV: L’approccio narrativo: proviamo a raccontare una storia, che non è la nostra, ma quella del committente.
CS: L’attenzione al contesto e ad eventuali preesistenze: ogni luogo ha un suo genius loci, una suggestione che è già contenuta al proprio interno e che può essere fisica o immateriale. Solo dopo si può decidere se contrapporsi ad essa o assecondarla.
Centro città o geografie remote?
TV: Amando molto Guido Guidi, grande fotografo, sceglierei un luogo marginale – ma solo nel pensiero comune: la pianura dell’Italia del nord.
CS: Mi piacerebbe realizzare l’architettura dei miei sogni in un sito remotissimo, difficilmente raggiungibile, completamente isolato nella natura - occasioni che capitano raramente ad un architetto milanese.
Qualcosa che avete in casa e che avete disegnato voi:
TV: Il lampadario Second Life, composto da 80 lampadine di varie forme, di cui 70 ad incandescenza o alogene a recupero - bruciate e non utilizzabili - e 10 nuove, a led e perfettamente funzionanti.
CS: Tutta la casa? ☺
Cosa vi piace regalare?
TV: Tutto ciò che non è necessario.
CS: Oggetti più belli che utili, naturalmente.
Se in casa poteste costruire un passaggio segreto, dove porterebbe?
TV: In un luogo sempre diverso, in cui vorrei essere in quel momento: una mostra che mi sto perdendo per mancanza di tempo, la mia Bretagna davanti all’Oceano, una strada di montagna o una pista dove guidare veloce.
CS: Sulla riva di un torrente.
Cosa fate di solito la domenica?
TV: A parte lavorare, cosa che purtroppo capita spesso, faccio cose meravigliosamente banali, solo con la famiglia - un lusso sempre più raro.
CS: Se non lavoro cerco il riposo fisico e l’energia mentale in qualche interessante mostra.
Il vostro posto preferito a Milano:
TV: Sono tanti gli stimoli, perché amo questa città: l’arte contemporanea (Fondazione Prada, Hangar Bicocca, ma anche Paolo Zani, Paola Clerico, Vistamare, le sorelle Minini), l’arte moderna (la collezione di Claudia Gianferrari a Villa Necchi, la GAM di via Palestro), i ristoranti o i bar in cui sto bene (il Røst, l’Immorale, il Camparino), qualche negozio speciale (il concept store Stamberga, la libreria Bocca in Galleria, il negozio di Sandro Ghilardi) e molti altri.
CS: I giardini di Porta Venezia, con i suoi deboli ricordi di nonni e foche nello zoo.
Lo studio Fala Atelier vi chiede: qual è la vostra colonna preferita? Storia della Colonna Infame, di Alessandro Manzoni.
Vorreste fare a vostra volta una domanda all'intervistato che verrà dopo di voi?
TV: Se è un architetto gli chiederei perché è diventato architetto. Io sono uno di questi, ma siamo così tanti che mi stupisco sempre di quanti siamo. È una domanda la cui risposta mi incuriosisce sempre.
CS: Ho difficoltà a disegnare architetture senza un committente, mi viene ancora più difficile fare domande a chi non conosco.