Intervista a Luca Nichetto: le anticipazioni di un futuro che è già qui
Venezia, Stoccolma e poi Stati Uniti, Cina fino all’Australia. Incontro con il designer che comprime le distanze geografiche (e amplia gli orizzonti del design, dalla moda alla musica).
Mi stanno suonando, aspetta in linea
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Era UPS, sono arrivati altri tre scatoloni di prototipi. Si procede così, tutto avviene a distanza. Mi mancano gli incontri di persona, lo scambio e la condivisione che animano questo lavoro ma, tra tante privazioni, devo ammettere che questa situazione mi ha restituito il tempo. Quello degli inizi, della riflessione e del disegno, seppur ritagliato tra una call e l’altra. Sta iniziando la prima di una serie di riunioni. A volte, a fine giornata, mi sento un telecronista…
Questa situazione è uno spartiacque. Penso che nulla sarà più come prima, e per certi aspetti è una fortuna. Gli eventi mutano la storia e anche il nostro lavoro di creativi è stato stravolto. Il designer è abituato a rapportarsi con le restrizioni – il brief – e operare all’interno di confini, ma la pandemia ha rappresentato un enorme brief che ci ha portato a essere designer di noi stessi. Io resto un ottimista e sono certo che si apriranno opportunità diverse, ma è importante essere consapevoli su dove il mondo si sta dirigendo.
Da quando ho aperto lo studio in Svezia gli orizzonti della progettazione si sono ampliati. Naturalmente, le mie radici sono in Italia, ma al momento il 70% dei clienti è straniero.
Ho iniziato a lavorare con loro come designer, firmando una collezione che si è accavallata con l'inizio della pandemia e un cambio dei vertici dell’azienda. Il nuovo Ceo, Alexander Sova, e la famiglia Wittmann hanno apprezzato il mio modo di sviluppare il prodotto, il mio network e anche il lavoro fatto con La Manufacture e così mi hanno proposto questo incarico, in passato ricoperto da Paolo Piva. Poiché Piva è stato anche mio docente all’università, mi è sembrata l’occasione per chiudere un cerchio.
Sto pianificando la strategia dei prossimi tre anni. Sto studiando l’archivio e le attuali collezioni, per capire quali aperture possono esserci verso tipologie che l’azienda non ha realizzato prima. Vedo un potenziale incredibile, ancora non del tutto esplorato. Ho stilato una lista di designer che vorrei coinvolgere; solo dopo aver concluso la fase di studio li andrò a scegliere in maniera puntuale. Inoltre, in passato, l’azienda collaborava molto con il mondo dell’architettura: vorrei riprendere questa specificità.
Sì. Anche con Artifort, Lodes, Barovier&Toso e Rolf Benz, per prodotti che usciranno a settembre. E ci sarà anche un progetto molto prestigioso con la porcellana.
Naturalmente Zaozuo. E poi Bernhardt Design e Rakumba, cliente australiano per cui stiamo disegnando delle lampade.
Abbiamo lanciato la prima collezione a gennaio 2020, con prodotti miei, di Patrick Norguet, Todd Bracher, Ben Gorham, Emma Boomkamp, tra gli altri. Ora abbiamo completato la seconda, che sarà presentata a settembre, insieme ad atelier oï, Neri&Hu, Marc Thorpe, Michael Young, Front e Sebastian Herkner. In un biennio abbiamo sviluppato circa 60 prodotti e con questi nuovi progetti si completa la base della collezione di La Manufacture. Abbiamo pianificato per il 2022 la terza linea – prevalentemente un’estensione di gamma – e sto dando un supporto anche per lo shop in shop e la distribuzione. Inoltre, presenteremo una collezione moda autunno-inverno, vera novità per il brand.
Fashion, lifestyle, interior: mi piace diversificare. Stiamo collaborando con un’azienda vegan di New York per una linea di borse da donna; sto disegnando il mio primo strumento musicale; sono stato invitato da imm Cologne a partecipare al nuovo Das Apartment HAUS, a gennaio 2022. E, ancora, stiamo sviluppando un progetto di retail in Cina con un’azienda di materassi, Mlily: si tratta del pilot di una rete di 800 punti vendita. E sono molto felice di annunciare che stiamo realizzando una monografia per festeggiare i primi venti anni dello studio. Sarà pubblicata il prossimo anno.