L’architettura di Aldo Loris Rossi in Gomorra
Nella quarta puntata della quinta stagione di Gomorra, quella finale, compare un edificio disegnato da un architetto napoletano del Novecento poco conosciuto a livello internazionale. Si tratta del complesso di Piazza Grande di Aldo Loris Rossi.
L’abbiamo aspettata per mesi e finalmente è uscita: Gomorra, la quinta e ultima serie, è ora disponibile su Sky Italia. Tutti conosciamo la storia di questa serie, liberamente ispirata all’omonimo best seller di Roberto Saviano, che la serie racconta le malefatte di spacciatori di droga e appartenenti a organizzazioni criminali di stampo camorristico, con ramificazioni nel mondo degli affari e in quello della politica. Eppure il pubblico nazionale ed internazionale è in iper fibrillazione perché non sa cosa aspettarsi da questa quinta e ultima serie.
Ancora è presto per dirlo, perché siamo solo alla terza prima serata, ma a me questo Gomorra 5 sta proprio piacendo. E, come architetto e autrice, ho ricevuto anche una grande sorpresa, un regalo involontariamente fattomi dalla produzione.
Si dà il caso infatti che, nella quarta puntata della quinta stagione, Genny cerca un modo per riconquistare la moglie Azzurra, da cui si è dovuto allontanare per tutelare lei stessa e il figlio Pietro. Dopo aver dovuto forzatamente abbandonare la loro abitazione, per vivere nascosto da tutto e da tutti, Genny ritorna sulla scena e decide di trovare un nuovo nido per lui e la sua famiglia. E l’edificio in cui viene trovata la casa perfetta per Genny non è Scampia, non è la Napoli cliché della malavita, e nemmeno la città partenopea da cartolina. È una sua nuova visione che negli ultimi anni, anche grazie a Gomorra, si è andata sempre più diffondendo come trend e viene solitamente (ed anche un po’ erroneamente) chiamata “Napoli Brutalista”. Il complesso residenziale dove si trova il nuovo appartamento di Gennaro Savastano è infatti quello di Piazza Grande, a Napoli, realizzato tra il 1979 e il 1989 su progetto dell’architetto Aldo Loris Rossi.
Sono gli Anni Sessanta quando un giovane Aldo Loris Rossi, tra i più grandi rappresentanti dell’architettura organica italiana, con Donatella Mazzoleni, Annalisa Pignalosa e Luigi Rivieccio realizza questo complesso residenziale per ospitare un’intera comunità autonoma nella zona Arenaccia, a Napoli. Un progetto di una complessità incredibile che è diventato anche la scenografia del primo video di Liberato per il brano 9 MAGGIO nel 2017. Sempre in un video di Liberato, quello di Tutt’e scurdat de me (2017) compare la Casa del Portuale, sempre di Aldo Loris Rossi, diventato una sorta di simbolo dell’architettura brutalista napoletana e spesso ripresa anche in Gomorra.
Si può ritenere brutalista un edificio di questo tipo per la sincerità con cui vengono esposti gli elementi naturali e le superfici, anche se probabilmente, per forme e volumi, sarebbe più consono definirla un’architettura organica. Aldo Loris Rossi si è infatti sempre ispirato all’opera di Frank Lloyd Wright, la sua architettura è tra le più originali nel contesto contemporaneo e si realizza attraverso l'articolazione dei volumi intorno ad un nucleo centrale, che vengono quasi esplosi all'esterno come da una forza centrifuga, seppur all'interno di un rigoroso controllo geometrico e strutturale.
La struttura ospita 219 alloggi, servizi commerciali, scuole, palestre, garage e parcheggi privati. Il cuore del complesso, ad impianto circolare, sono i campi sportivi, presenti anche nel video musicale. Questa grande piazza centrale, che dà il nome al complesso, è circondata da un edificio a sviluppo circolare che racchiude lo spazio in una sorta di corte. Su questo luogo insistono i percorsi di distribuzione interna studiati da Aldo Loris Rossi e dai suoi colleghi, un sistema fatto di strade, rampe e scale, in cui vengono distinte le parti carrabili da quelle pedonali. Il complesso è composto inoltre da dodici torri di condotti che contengono le parti distribuenti verticali (scale, ascensori e montacarichi), sei di queste servono altrettante torri residenziali alte 36 metri, che diventano dei veri e propri landmark per la città di Napoli, cinque delle quali a pianta circolare ed una a pianta rettangolare.
È interessante anche notare il forte contrasto tra la sincerità e la sobrietà degli spazi esterni e l’abbondanza di sfarzo degli interni disegnati per la famiglia Savastano. Una contrapposizione indubbiamente studiata dalla regia scenograficamente di grande effetto. Il complesso di Piazza Grande è infatti caratterizzato da una completa assenza di elementi decorativi, l’elemento caratterizzante del complesso sono proprio le forme plastiche stesse generate dal cemento.