Tingere i tessuti con i batteri
Il magazine semestrale tedesco nomad in conversazione con le designer Laura Luchtman e Ilfa Siebenhaar, ideatrici di una colorazione di tessuti che diminuisce del 90% l’uso di acqua, grazie a batteri che producono pigmenti
Sta nascendo una nuova estetica, profondamente individuale e umana? Si chiede l’autore dell’intervista Olivier Herwig. Rispondono di sì Laura Luchtman e Ilfa Siebenhaar che tingono tessuti coltivando sulla loro superficie batteri produttori di pigmenti: li tengono in un liquido nutriente e dopo 3 o 4 giorni cominciano a creare macchie di colore sulle stoffe, pattern naturali che seguono la loro crescita. “Usiamo diversi ceppi di batteri, ogni tipo produce un colore diverso… I colori possono anche cambiare con le stagioni. Ci potrebbe essere una tonalità leggera all’inizio della primavera che diventa più scura man mano che si procede verso l’autunno. Per poi dissolversi in toni pastelli e ricominciare in primavera. Se scompare basta ricrearla con altri tipi di colori. Ci piace vedere questo processo come una nuova estetica della bellezza”.
Il metodo dà risultati imprevedibili, mai uguali. Soprattutto, permette di risparmiare molta acqua nel processo di colorazione. “Per tingere una T-shirt vengano normalmente usati 5,5 litri d’acqua. Per lo stesso capo noi ne usiamo mezzo”: il 90% in meno, spiegano le designer, che sottolineano come i colori scuri siano i più difficili da ottenere e come i batteri prosperino anche su tessuti sintetici oltre al cotone o alla seta.
La lavorazione è ancora in fase di ottimizzazione, ben lungi da una possibile commercializzazione, anche se l’interesse delle aziende è vivo. Al momento non c’è un brevetto: è una ricerca open source, che procede in collaborazione con scienziati, microbiologi, bio-designer, in un approccio multidisciplinare non competitivo. “Vogliamo creare un movimento per far conoscere ai designer e alla gente le possibilità dei batteri”, concludono.
Crediti
Testo originale: Olivier Herwig
Foto: Cleo Goossens e Peter Rigaud
Magazine: nomad
Editore: hw.design gmbh