Tiny houses: cosa sono e gli esempi più belli in Italia e nel mondo
Il fenomeno delle tiny house, la filosofia, i modelli e i progettisti che stanno forgiando il nuovo volto dell’abitare minimalista.
“Man’s real home is not a house, but the Road”, diceva lo scrittore inglese Bruce Chatwin elogiando il nomadismo come stile di vita, come opportunità per placare la mente e moltiplicare il prisma delle esperienze e degli incontri possibili. Di che pensare che il fenomeno delle tiny houses, piccole o piccolissime case prefabbricate da trasportare in giro per il mondo, oggi un’avanguardia sempre più celebre tra le nuove prospettive dell’abitare sostenibile, avrebbe quanto meno potuto incuriosirlo.
Tiny houses: cosa sono, come nascono e come vengono costruite
Nato negli Stati Uniti, il movimento delle tiny houses si è affermato come un’opportunità per vivere a contatto con la natura all’interno di metrature ridotte, immersi nella suggestione dei grandi spazi americani tanto celebrati dalla cultura del paese – pensiamo al filosofo Henry David Thoreau e al suo Walden, racconto di due anni di vita in una capanna nel bosco. Sebbene i modelli di queste abitazioni essenziali possano variare, le tiny houses spaziano generalmente dai 9 fino ad un massimo di 40 metri quadrati. Ben isolate termicamente, spesso anche grazie all’impiego di materiali naturali, primo tra tutti il legno, sono l’equivalente di un coltellino svizzero per lo spazio domestico, equipaggiate per rendere possibili tutti gli usi abitativi, incluse le funzionalità legate alla zona giorno, notte, cucina e bagno. Trasportabili, così da garantire una vita non stanziale a quanti siano interessati ad una esistenza sempre in movimento, possono sia avere ruote incorporate, sia essere caricate su un rimorchio per essere posizionate in giardini, terreni o, perché no, anche in ambito urbano. Rispetto ai camper e alle roulotte, che delle tiny houses sono una sorta di parente stretto, quest’ultime non sono progettata per essere abitate esclusivamente in vacanza, quando la casetta su due ruote è solo un punto di appoggio per dormire. Spesso dotate di pannelli fotovoltaici, possono garantire l’autosufficienza energetica ed offrire, anche in una manciata di metri quadri, un maggiore comfort abitativo.
Negli ultimi anni, il movimento delle tiny houses è cresciuto anche in Europa, affermandosi anche come una potenziale risposta alla crisi degli alloggi che inizia a colpire le nostre metropoli. E se le giovani generazioni, più sensibili al tema della sostenibilità, si dimostrano maggiormente inclini ad adattarsi ad uno stile di vita minimalista, pronto a sacrificare l’accumulo di beni personali a vantaggio della flessibilità, nuove destinazioni d’uso sono sempre di più una possibilità a portata di molti: perché non considerare il modello della tiny house non solo come una nuova, compattissima casa di campagna del weekend – una versione aggiornata del cabanon, insomma – ma anche come un ufficio dove telelavorare, magari circondato dal verde? Dal punto di vista della ricerca architettonica, la progettazione di una tiny house rappresenta poi una sfida intellettuale stimolante, capace di far dialogare il tema dell’existenzminimum con la prefabbricazione e il coordinamento funzionale e sistemico di volumi ed impianti, materiali ed efficientamento energetico.
Tiny houses in Italia: architetture sostenibili e trasportabili
In Italia, una serie di progettisti inizia a lavorare con originalità sul tema, dando luogo ad un terreno di sperimentazione molto vitale. Leonardo Di Chiara, giovane architetto laureatosi con un progetto sulle tiny houses, vive dal 2017 in una delle sue case prototipo da 9 mq, AVoid, inaugurata al Bauhaus-Archiv di Berlino e poi portata in giro per l’Europa attraverso una comunità in costante espansione. Di Chiara ci racconta di essersi avvicinato al movimento in Germania, dove lo stile di vita minimalista ha molti seguaci, e ci fa notare come la tiny house permetta di esportare la riflessione sulle tipologie standardizzate: “al momento sto applicando la mia esperienza anche in altri ambiti del progetto architettonico, come la suddivisione di grandi unità immobiliari in piccoli appartamenti, ivi compresi quelli in edifici storici. Allo stesso modo, mi sto impegnando a traslare le soluzioni standardizzate del settore automotive nel campo dell’abitare: in un futuro prossimo potrà essere una strategia importante per contenere i prezzi di costruzione”, ci confida.
Si concentra sul tema della cabina l’architetto italiano Marco Lavit, che ha già dato vita a molteplici progetti sartoriali realizzati tra la Francia e l’Italia. Nel Monferrato, ha appena concluso LILEO (Little Leisure Lodges), un eco-hotel composto da quattro tiny houses attrezzate da 35 mq in legno e vetro. In Corsica, invece, ha recentemente finalizzato O’Casella, una cabina con pergola di 13 mq realizzata con un legno locale, il laricciu, un’opportunità non solo per lavorare a km0 con maestranze locali, ma anche per integrare senza soluzione di continuità il materiale da costruzione con il paesaggio da cui proviene. "Ritengo che l'architettura possa mettere in opera la natura”, ci racconta. “All'origine di ogni progetto di cabina, le domande che mi pongo sono sempre le stesse: cosa vuol dire abitare un luogo, un territorio? Ed abitarlo nell'istante presente come nel tempo? Cosa significa abitare la natura oggi, nel 2024? Che posto hanno l'intuizione, l'istinto e l'emozione nella progettazione architettonica di un luogo intimo come un nido? In che modo la tecnica si pone al servizio dell'emozione? La progettazione ha inizio quando queste domande trovano una risposta”.
Tiny houses in giro per il mondo, tra design
All’estero, i modelli prefabbricati sono una realtà che si può già acquistare con qualche click. Da Singapore, ad esempio, Nestron propone sei modelli prefabbricati e configurabili, già commercializzati in America e Asia, da connettere alla rete elettrica o alimentati a solare. In Europa, invece, alcune piccole produzioni riescono poi ad intercettare richieste e sensibilità specifiche: Lumipod è la proposta francese per fornire una camera degli ospiti in giardino, mentre la finlandese Space of Mind commercializza una “stanza tutta per sé”, per dirla come Virginia Wolf, per espandere in giardino la superficie della nostra casa. Ancora, l’irlandese Tigin Tiny house massimizza l’impatto sostenibile grazie all’utilizzo di sughero e canapa come materiali di elezione. Esistono poi anche canali social e giornali online che documentano con piglio informativo e ironia la vita delle tiny houses. È il caso del canale Youtube Never Too Small, che dimostra attraverso gli esempi di micro appartamenti da Tokyo, Barcellona, o Sydney, che “se è una casa è ben disegnata, non sembra mai piccola”.
In un quadro generale ricettivo, incontestabilmente orientato alla crescita, emerge tuttavia una criticità: la normativa. In Italia come in numerosi altri paesi, manca ancora una chiara legge nazionale per indicare dove possono essere collocate le tiny houses stanziali, senza ruote: in questo caso serve generalmente un permesso per costruire e sono Comuni e Regioni a porre vincoli sulle possibilità di installazione. A livello europeo, un primo incontro tra rappresentanti delle comunità tiny house e politici si è tenuto per la prima volta nel maggio 2024: l’ambizione di poter legiferare direttamente a livello comunitario, ancora lontana, anima le speranze di molti, così da rendere l’ideale di una casa nomade, da spostare da paese in paese, una possibilità concreta.