Un padiglione-arcipelago per l’estate dei Kensington Gardens a Londra
Disegnato dall’architetto coreano Minsuk Cho e dal suo studio, il 23esimo Serpentine Pavilion si compone di cinque distinte strutture lignee, ciascuna con una funzione precisa. Evocando la tradizione architettonica coreana, è un cortile aperto a costituire il centro nevralgico della struttura. A Londra, fino al 27 ottobre prossimo
È stata la storia compositiva dell’annuale Serpentine Pavilion – la struttura temporanea che dal 2000 ospita le iniziative pubbliche promosse, da giugno a ottobre, dalla Serpentine di Londra – il punto d’avvio del progetto messo a punto dall’architetto coreano Minsuk Cho e dal suo Mass Studies. Alla prova con il prestigioso incarico, assegnato annualmente a progettisti emergenti o di rilievo internazionale che non abbiano già completato un intervento nel Regno Unito, Minsuk Cho si è reso conto di una “preferenza spaziale” espressa più volte dai colleghi che lo hanno preceduto.
Il Serpentine Pavilion 2024 progettato da Minsuk Cho e Mass Studies
Dalla compianta Zaha Hadid, l’architetta con cui prese avvio questa pionieristica esperienza divenuta l’ispirazione per percorsi analoghi nel mondo, fino all’invito alla condivisione lanciato dal più recente À table (ovvero il Serpentine Pavilion 2023, disegnato dall’architetta franco-libanese Lina Ghotmeh), il padiglione è stato più volte concepito come una struttura singola – porosa, riflettente, pneumatica, compatta, in un’edizione perfino parzialmente ipogea – raccolta al centro del manto erboso della Serpentine South. Alla guida del suo studio dal 2003, e con all’attivo opere come il restauro e l'ampliamento dell'ambasciata francese a Seoul (2023) e il Korea Pavilion a Expo 2010 Shanghai, nel suo Archipelagic Void Minsuk Cho lascia invece che sia il vuoto a occupare l’epicentro del padiglione e del sito di intervento. In analogia con le case coreane di un tempo, il cui cortile (madang) per attività anche di interesse collettivo agiva come elemento di connessione tra più aree residenziali, il padiglione individua in questa porzione centrale libera il proprio fulcro e polo d’origine. È da lì che si diramano le direttrici definite dalle cinque “isole” (prevalentemente lignee) del padiglione: come dardi, queste micro architetture si indirizzano ciascuna verso un’autonoma direzione funzionale, acquisendo una specifica denominazione. Fino al 27 ottobre prossimo, all’interno di Archipelagic Void sarà dunque possibile mettersi in ascolto dell’installazione sonora a sei canali The Willow is nell’estesa Gallery; si potrà aderire al progetto artistico collettivo The Library of Unread Books (curato dall’artista Heman Chong e dall’archivista Renée Staal) donando un proprio libro non letto. Ci si potrà misurare con la struttura piramidale della Play Tower letteralmente arrampicandosi, oppure spazio al riposo e allo scambio nella Tea House e nell’Auditorium, sede di spettacoli e incontri.
Gli architetti che hanno fatto la storia del Serpentine Pavilion, dal 2000 ai giorni nostri
Nel primo appuntamento in calendario (il 7 giugno, contestualmente all’inaugurazione), Minsuk Cho converserà con Hans Ulrich Obrist, direttore artistico della Serpentine e tra le figure cardine della fortunata operazione Serpentine Pavilion. Quasi alla vigilia della venticinquesima edizione, il padiglione londinese continua a esercitare il proprio potere attrattivo sulla comunità architettonica, riuscendo a richiamare parallelamente a sé un pubblico di non addetti al settore attraverso una programmazione ampia. Ripercorrere “l’albo d’oro” di questo progetto consente di identificare le traiettorie, le urgenze e le sperimentazioni che hanno attraversato gli ultimi due decenni di pratica architettonica globale: dal progressivo interesse verso i temi del riuso nei materiali costruttivi alla volontà di introdurre nel contesto londinese memorie di luoghi distanti e spesso estranei alle rotte più battute, fino alla scelta di veicolare messaggi a carattere sociale spingendo sulle potenzialità espressive di un’architettura pur sempre temporanea. È ormai prassi considerare l’assegnazione di questo incarico come un punto di svolta nella carriera e nella reputazione dei progettisti selezionati. Pur nell’eterogeneità delle loro visioni, Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Toyo Ito, Oscar Niemeyer, Álvaro Siza ed Eduardo Souto de Moura, Rem Koolhaas, Olafur Eliasson, Frank Gehry, SANAA, Jean Nouvel, Peter Zumthor, Herzog & de Meuron e Ai Weiwei (ovvero i progettisti dal 2000 al 2012) sono globalmente considerati tra i maestri nei rispettivi campi disciplinari. La capacità di questa iniziativa di intercettare i talenti non si è arrestata neppure nell’ultimo decennio, come testimoniano in particolare le ascese professionali di Sou Fujimoto (2013), Bjarke Ingels (2016), Diébédo Francis Kéré (scelto nel 2017, è stato insignito del Pritzker Architecture Prize 2022), Frida Escobedo (2018), Junya Ishigami (2019), Sumayya Vally (2021), Theaster Gates (2022), Lina Ghotmeh (2023).